12 Agosto 2025, martedì
HomeItaliaCronacaSuicidio assistito: il Tribunale di Trieste nega il diritto a Martina Oppelli

Suicidio assistito: il Tribunale di Trieste nega il diritto a Martina Oppelli

"Non dipende da macchinari, quindi non può accedere alla morte assistita"

Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla da oltre vent’anni, si è vista negare dal Tribunale di Trieste la possibilità di accedere al suicidio assistito. La richiesta, avanzata nei confronti dell’Azienda Sanitaria Universitaria “Giuliano Isontina”, è stata respinta sulla base di una valutazione medica che ha escluso il soddisfacimento dei criteri richiesti dalla normativa italiana vigente. A darne notizia è l’Associazione Luca Coscioni, che segue il caso e denuncia una restrizione che, a suo dire, impedisce l’esercizio di un diritto fondamentale.

La decisione dei giudici si fonda su un principio stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019, secondo cui il suicidio medicalmente assistito è consentito solo a chi si trovi in condizioni di “patologia irreversibile”, provi “sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili” e sia “tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale”. Secondo i medici incaricati della perizia, Martina non rientrerebbe in quest’ultimo requisito: pur convivendo con una malattia neurodegenerativa altamente invalidante, non dipende da macchinari per sopravvivere. Questo, dunque, le preclude l’accesso alla procedura, rendendo impossibile la sua volontà di porre fine alle proprie sofferenze in modo legalmente assistito.

L’Associazione Luca Coscioni ha espresso profonda delusione per la decisione del tribunale, sottolineando come la sentenza lasci irrisolta una questione cruciale: la sofferenza di chi vive condizioni gravissime ma non risponde al criterio della “dipendenza da macchinari”. “Si tratta di una palese contraddizione nell’applicazione del diritto alla libertà di autodeterminazione”, affermano i rappresentanti dell’Associazione, che promettono di proseguire la battaglia per ottenere un riconoscimento più ampio delle situazioni di estrema sofferenza.

Il caso di Martina Oppelli riaccende il dibattito sull’eutanasia e sul suicidio assistito in Italia, evidenziando le lacune normative che costringono molti malati a lunghi iter legali o, in alcuni casi, a cercare soluzioni all’estero. La vicenda ripropone con urgenza la necessità di un intervento legislativo che chiarisca i criteri di accesso alla morte medicalmente assistita, garantendo il rispetto della volontà e della dignità di chi soffre senza speranza di miglioramento.

Sponsorizzato

Ultime Notizie

Commenti recenti