A cura di Daniele Cappa
Un episodio sconcertante ha scosso una scuola della provincia di Lecce, dove un docente è stato minacciato e aggredito dal padre di un alunno, reo di aver annotato sul registro ben quattro note disciplinari nei confronti del giovane per comportamenti scorretti in classe. “Papà, vieni a spaccare la faccia al prof”, avrebbe detto il ragazzo al genitore, che non ha esitato a rispondere all’appello del figlio presentandosi a scuola insieme al primogenito per affrontare l’insegnante.
Questa vicenda, per quanto sconcertante, non è un caso isolato. Anzi, si inserisce in un quadro sempre più preoccupante di perdita del rispetto delle istituzioni, delle regole e, più in generale, del senso civico. Il ruolo del docente, un tempo riconosciuto come guida educativa e autorevole punto di riferimento, sembra aver perso valore agli occhi di molti studenti e delle loro famiglie, trasformandosi spesso in un bersaglio facile di contestazioni, insulti e, nei casi più gravi, aggressioni fisiche.
Ma cosa sta accadendo alla nostra società? Perché la scuola, che dovrebbe essere un luogo di crescita e formazione, si trasforma sempre più spesso in un’arena di scontro? La risposta risiede in un cambiamento culturale che negli ultimi anni ha visto l’affermarsi di un individualismo esasperato, una crisi dei valori e una crescente deresponsabilizzazione genitoriale. Sempre più spesso, i genitori tendono a proteggere i figli da qualsiasi critica, arrivando persino a giustificare atteggiamenti irrispettosi e violenti, invece di educarli al confronto e al rispetto delle regole.
Questo fenomeno è aggravato dall’idea, ormai diffusa, che l’autorità sia sinonimo di sopruso e che chiunque imponga una disciplina stia in realtà limitando la libertà personale. La conseguenza è un ribaltamento dei ruoli, in cui gli studenti si sentono legittimati a sfidare apertamente i docenti, mentre i genitori intervengono non per supportare la scuola, ma per contestarla, difendendo i propri figli a prescindere dal loro comportamento.
Le responsabilità di questa degenerazione non sono solo delle famiglie. La società intera ha smesso di trasmettere il valore dell’educazione e della disciplina, sostituendolo con un concetto di “diritti” spesso svuotato di doveri. I social media amplificano la narrazione del docente come “nemico”, alimentando una cultura dell’impunità e della contestazione fine a se stessa.
Eppure, invertire questa tendenza è possibile. Servono misure concrete per restituire dignità alla figura dell’insegnante, garantendo maggiore tutela nei confronti delle aggressioni e riaffermando il principio che la scuola è un luogo di formazione, non un ring. Occorre un impegno collettivo per riaffermare il valore delle regole e della responsabilità, partendo proprio dalle famiglie, che dovrebbero tornare a educare al rispetto anziché al vittimismo.
L’episodio di Lecce è un campanello d’allarme che non possiamo più ignorare. Se vogliamo una società più giusta e rispettosa, dobbiamo ricominciare dalla scuola: proteggendola, valorizzandola e restituendole il ruolo centrale che le spetta nella crescita dei cittadini di domani.