Il Gup di Roma ha deciso di assolvere Domenico Arcuri, l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, dall’accusa di abuso d’ufficio relativa al processo sulle mascherine importate dalla Cina all’inizio della pandemia. La controversa commessa, che risale al marzo 2020, riguardava la fornitura di oltre 800 milioni di mascherine, per un valore che, secondo le accuse, avrebbe gravato sul bilancio statale per più di un miliardo di euro.
Il caso ha suscitato molte polemiche, soprattutto per il costo ritenuto esorbitante delle forniture e per il rischio di inefficienze nella gestione degli approvvigionamenti, ma secondo il Gup non ci sono prove sufficienti per configurare il reato di abuso d’ufficio. Anzi, il magistrato ha sollevato una questione di costituzionalità, ritenendo che la condotta contestata a Arcuri non rientri più tra gli atti illeciti previsti dalla legge.
La decisione di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale apre ora una fase di riflessione legale sulla compatibilità delle normative applicate al caso con i principi costituzionali. Se la Consulta dovesse accogliere la richiesta, potrebbe esserci una ridefinizione delle regole per il trattamento di simili situazioni, specialmente in contesti straordinari come quello vissuto durante l’emergenza sanitaria.
La vicenda delle mascherine cinesi, che ha visto Arcuri al centro delle polemiche, rimane un capitolo controverso della gestione della pandemia, ma l’assoluzione segna un punto importante per l’ex commissario, pur con una questione legale ancora aperta che potrebbe avere implicazioni più ampie sul piano costituzionale.
