12 Febbraio 2025, mercoledì
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Caso Almasri: la strategia della vittimizzazione di Giorgia Meloni

La Premier accusa la magistratura di danneggiare l'Italia, ma la realtà è più complessa

A cura di Daniele Cappa

Il caso Almasri si trasforma nell’ennesimo scontro tra politica e magistratura, con Giorgia Meloni che, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati per il controverso rimpatrio, non esita a parlare di un danno alla Nazione e di un atto di accusa voluto contro di lei. “Mi manda ai matti”, ha dichiarato la Premier, intervenendo all’evento La Ripartenza organizzato da Nicola Porro a Milano.

Le parole di Meloni trasudano una narrazione ben precisa: il tentativo di dipingersi come vittima di un sistema giudiziario che, a suo dire, agirebbe con discrezionalità e intenti politici. “Le procure in queste cose hanno la loro discrezionalità” afferma, sottolineando come molte denunce contro le istituzioni non portino automaticamente all’iscrizione nel registro degli indagati. Una linea di difesa che ignora però un principio cardine dello stato di diritto: la legge vale per tutti, anche per chi occupa la massima carica di governo.

La politica dell’autoassoluzione

Non è la prima volta che un leader politico italiano reagisce alle indagini giudiziarie parlando di giustizia a orologeria o di attacchi alle istituzioni. La strategia di Meloni ricalca quella di molti suoi predecessori, puntando a spostare il focus dall’oggetto dell’indagine alla presunta persecuzione politica. Ma al di là delle dichiarazioni d’impatto, il tema centrale rimane: il rimpatrio di Almasri è avvenuto nel rispetto delle procedure e del diritto internazionale? Se la magistratura ha ritenuto necessario aprire un fascicolo, è perché vi sono elementi che meritano un approfondimento. Delegittimare preventivamente l’azione della giustizia significa insinuare il dubbio che il potere politico debba essere esente da controlli.

L’appello al popolo e la resistenza ostentata

“Non mollo di un millimetro”, promette Meloni ai suoi sostenitori, ribadendo che la sua leadership è salda finché gli italiani la sosterranno. Un messaggio che strizza l’occhio al consenso popolare, quasi a voler sottintendere che il giudizio degli elettori conti più delle verifiche giudiziarie. Anche il riferimento ai suoi viaggi e ai sacrifici personali – “Ho fatto 73 ore di volo nel mese di gennaio” – sembra costruito per ribadire l’immagine di una leader instancabile, votata al bene del Paese nonostante le difficoltà e le critiche.

Un Paese che merita serietà, non vittimismi

Il problema di fondo è che la giustizia in un Paese democratico non può essere piegata alla convenienza politica di chi governa. Meloni, anziché gridare al complotto, dovrebbe ribadire la sua fiducia nelle istituzioni, evitando di trasformare un’indagine in un caso politico internazionale.

L’Italia ha già vissuto troppe volte il cortocircuito tra potere esecutivo e magistratura, con effetti deleteri sulla credibilità del sistema. Al di là delle simpatie o antipatie politiche, resta un punto fermo: nessuno è al di sopra della legge, neanche chi sostiene di “non mollare di un millimetro”.

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