21 Gennaio 2025, martedì
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Fratture e Opportunità: Ricostruire un Futuro Comune

In un'epoca di divisioni profonde, la vera sfida è riconoscere nell'altro una possibilità di crescita, non una minaccia. La polarizzazione è una scelta, non una condizione inevitabile.

A cura di Cesare Cilvini

Viviamo in un’epoca di divisioni. Non si tratta solo di opinioni diverse, ma di fratture profonde che attraversano ogni aspetto della nostra società. Ci siamo lasciati dividere dall’Europa e dall’euro, simboli di un’unione mai davvero condivisa. Confini aperti per merci e capitali, ma chiusi nei cuori e nella capacità di accogliere chi fugge da fame, guerra o disperazione. Siamo stati divisi dalle “case chiuse” del passato e dai porti chiusi del presente, da chi sprofonda nel mare cercando una vita migliore e da chi invece lo fa nel lusso dei bed & breakfast.

Anche la pace e la guerra, anziché unirci, ci separano. La pace è vista come utopia o compromesso; la guerra, come necessità o errore altrui. Siamo spaccati su tutto: sui pro-vita e sul destino di bambini assiderati al confine; sul diritto al reddito di cittadinanza e sul diritto di lavorare, troppo spesso senza diritti, come schiavi di un sistema che privilegia il profitto.

La società ci impone di indossare maschere per aderire a ruoli preconfezionati, mentre lo Stato ci ha imposto la mascherina per proteggerci dal virus. Entrambe le cose ci hanno diviso, rendendo ogni gesto, anche il più banale, terreno di scontro ideologico.

Il cambiamento climatico, anziché unire gli sforzi per un futuro comune, ci ha separati: chi affoga sotto le alluvioni e chi lotta contro la siccità; chi può permettersi un’auto elettrica e chi no; chi crede nelle bici elettriche e chi deride i monopattini. Persino l’intelligenza artificiale, che promette di migliorare la nostra vita, sembra contrapporsi alla nostra naturale stupidità, esacerbando la distanza tra chi guarda al futuro con ottimismo e chi con paura.

Siamo divisi perché un popolo unito è difficile da manipolare. La polarizzazione non è casuale: serve a frammentare, a impedire che ci riconosciamo l’uno nell’altro, che ci scopriamo simili nelle nostre paure e nelle nostre speranze. Viviamo in un tempo dove esistono solo gli estremi: se non pensi come me, sei contro di me.

Ma questa non è una condizione inevitabile. È una scelta, voluta o subita, ma pur sempre una scelta. Possiamo iniziare a vedere nella diversità un’opportunità e non una minaccia, a riconoscere che il vero nemico non è chi sta dall’altra parte, ma chi continua a trarre profitto dalle nostre divisioni.

Essere un popolo unito non significa pensare tutti allo stesso modo, ma essere capaci di convivere con le nostre differenze. Forse, allora, troveremo la forza per ricostruire un futuro comune, senza lasciarci più dividere.

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