A cura di Ionela Polinciuc
Un significativo passo avanti nella lotta contro l’Alzheimer potrebbe arrivare grazie a uno spray nasale sperimentale. Un team di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico Gemelli di Roma, in collaborazione con l’Università di Catania, ha dimostrato che il farmaco è in grado di rallentare il declino cognitivo e ridurre i danni al cervello in modelli affetti animali animali dalla malattia. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista scientifica PNAS , gettano le basi per futuri trattamenti mirati.
Lo studio ha evidenziato il ruolo cruciale dell’enzima zDHHC7 , che nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer è presente in concentrazioni elevate. Questo enzima è coinvolto in una reazione chimica chiamata S-palmitoilazione , che favorisce la formazione di ammassi tossici di beta-amiloide, una proteina nota per il suo impatto neurodegenerativo.
Le analisi effettuate su campioni post-mortem di pazienti hanno mostrato che maggiori livelli di zDHHC7 e di S-palmitoilazione sono correlati a peggiori prestazioni cognitive durante la vita. Al contrario, i bassi livelli dell’enzima si associano a una migliore funzionalità mentale.
I ricercatori hanno utilizzato un farmaco sperimentale, il 2-bromopalmitato , somministrato tramite spray nasale a topi geneticamente modificati per sviluppare l’Alzheimer. Questo composto agisce “spegnendo” l’enzima zDHHC7, riducendo l’accumulo di beta-amiloide nel cervello. I risultati sono promettenti: i sintomi della malattia si sono attenuati, la neurodegenerazione è stata fermata, e la durata della vita degli animali è aumentata.
Il progetto è sostenuto da un finanziamento di 890.000 euro da parte del Ministero della Salute, nell’ambito del bando Pnrr 2023 , per sviluppare ulteriormente trattamenti mirati contro l’Alzheimer. Tuttavia, i ricercatori sottolineano che il 2-bromopalmitato non è ancora sufficientemente preciso per essere utilizzato sugli esseri umani. Come ha spiegato Claudio Grassi, uno degli autori dello studio: “Ad oggi, non esistono farmaci in grado di bloccare selettivamente l’enzima zDHHC7, ma stiamo lavorando a nuovi approcci terapeutici più efficaci e facilmente traslabili sull’uomo.”