A cura di Carla Cavicchini
Nella commemorazione del “Giorno della Memoria” di questo gennaio, abbiamo intervistato Edith Bruck vittima anche lei dell’Olocausto assieme a moltissime altre persone.
Scrittrice e poetessa, questa signora ungherese seppur naturalizzata italiana, oggi giorno si occupa principalmente di portare testimonianze sulla Shoà.
Raggiunta al telefono…” spiacente ma mi sposto solo dove abito, a Roma, vista la mia bella età di novantaduenne. “
Combattiva nonché ironica al necessario, racconta che nelle scolaresche quando racconta del suo vissuto, ripagano con affetto e comprensione nonostante proprio la scuola in generale, a suo parere, fa troppo mistificazione in merito.
“Non solo, mentre le guerre avanzano, il clima di razzismo unito al fascismo è sempre ben alto e se permette proseguo osservando che viene data veramente poca considerazione agli anziani.”
E meno male che i ragazzi l’ascoltano!
“Sì…sì, mi ascoltano e quindi tutta la mia fatica viene celebrata dalla loro attenzione e fiori…tanti fiori. Perché proseguo? Perché ritengo tutto questo un dovere morale dal momento che siamo rimasti veramente pochi a parlarne.”
Lei è una donna che ha sempre scritto molto…
“Scrivo perché non ci ascoltano, ed i politici in primis! Dopo la ‘Liberazione’ tutti hanno minimizzato non considerando l’orrore subito. Questo è terrificante, ed ecco perché allora prendo carta e penna!”
Come si convive con questo macigno addosso?
“Beh…da quel vissuto non te ne liberi proprio. Mai! Ci convivi ed io racconto tutto dettagliatamente dove vengo ospitata. Purtroppo l’uomo non cambia o…veramente poco, pertanto il minimo da fare è proseguire in questo percorso sino alla fine dei mie giorni.”
Quando si dice: tempra d’acciaio!
