29 Aprile 2024, lunedì
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BATTERE LA DITTATURA DELLA MEDIOCRITÀ E DEL MORALISMO

A cura del Prof. Avv. Giuseppe Catapano

Le due coalizioni del nostro anomalo bipolarismo sono allo stesso modo mal assortite e inamovibili, nelle quali finisce per prevalere il “PTP”, partito trasversale populista. E per questo stesso motivo garanzia di “non governo”, per usare una vecchia ma sempre attuale espressione di Ugo La Malfa. Il centrodestra è schiavo della guerra senza esclusione di colpi tra Meloni e Salvini – e ho usato volutamente i nomi dei due leader e non dei loro partiti, perché in realtà si tratta di una guerra personale nella quale FdI e Lega hanno semplicemente un ruolo di amebe – con Tajani che non riesce ad essere né antagonista né pacificatore (vedi la patetica astensione nel voto parlamentare sul Mes). Essa produce una linea di frattura che si estende dalle mille ripicche inutili agli scontri fisiologici (come le candidature alle prossime regionali) ma soprattutto tocca questioni cruciali, come il ruolo dell’Italia in Europa. Lo si è visto con la mancata sottoscrizione del Mes, un fatto gravissimo, privo di giustificazioni, che ha generato una macchia di inaffidabilità che non sarà facile riassorbire e che produrrà una nostra pericolosa emarginazione, più di quanto già non sia, negli equilibri comunitari, come si è visto nelle dinamiche di approvazione del nuovo patto di stabilità, deciso da Francia e Germania sulla nostra testa. Meloni intendeva evitare questa scelleratezza – azionando una (positiva) incoerenza rispetto a quanto da lei sostenuto nel passato, sul tema specifico e più in generale quando dava fiato alla retorica anti europea e anti euro – se non fosse che Salvini abbia posto sul tavolo il ricatto della tenuta della maggioranza, inducendola a piegare la testa (alla faccia della sua caratteriale tendenza a comandare e del soprannome di “Ducetta” che gli è stato appioppato). Una scelta deplorevole sulla quale va registrata la convergenza di Lega e 5stelle – forse non era un caso che avessero fatto un governo insieme – principali componenti, ma non unici, del sunnominato PTP. Che ha imposto al centrodestra di pagare il prezzo salato della radicalizzazione, con conseguente immobilismo, pur di (ri)trovare la sua unità (peraltro momentanea).

Ma la stessa scena la vediamo se voltiamo la testa dalla parte opposta. Il centro-sinistra sul Mes si è spaccato, dimostrando che se anche avesse vinto le elezioni e fosse al governo, l’Italia sarebbe in egual misura un partner inaffidabile per i maggiori paesi europei e per Bruxelles. Cosa che è emersa ancor più in sede di voto parlamentare sul rinnovo degli aiuti militari all’Ucraina, nel quale Elly Schlein ha sciaguratamente – ma mi sorprendo di chi si sorprende – posizionato il Pd su una linea ambigua tanto da indurre una pattuglia di riformisti (meritevole, ma troppo piccola) a distinguersi apertamente. Una scelta, quella della segretaria democrat, culturalmente figlia del “moralismo pacifista” imperante a sinistra, ma che politicamente si spiega con la volontà di tenere in piedi il “campo largo”, un simulacro che la spinge a piegare la testa nei confronti di Conte, con la conseguente radicalizzazione anche di quest’altro polo del nostro farlocco bipolarismo. Non v’è chi non veda, infatti, il pendant con Meloni-Salvini, e il prevalere anche qui dell’occulto ma presentissimo PTP. Che rende palese il paradosso della politica italiana: al governo c’è Meloni, che è sicuramente una professionista della politica (e non è cosa da poco, visto il dilettantismo dilagante) ma porta il fardello del suo passato sovranista che la costringe all’incoerenza se vuole far bene, di una classe dirigente inadeguata e di un alleato inaffidabile; all’opposizione c’è un partito che avrebbe l’esperienza e l’abitudine all’amministrazione, ma che si è inopinatamente messo nelle mani di chi, Schlein, la pratica di governo non sa neppure dove stia di casa e che per di più è succube di un alleato (si fa per dire) che è privo del dilemma “coerenza-incoerenza” perché ha detto e fatto tutto e il contrario di tutto. E le due, Giorgia ed Elly, possono fare tutti i confronti (du-elly) televisivi che vogliono, ma non possono sfuggire a questa semplice domanda: si possono costruire coalizioni di governo tra chi ha idee opposte sull’Europa, su Putin e l’Ucraina e magari su Israele .

Ci sono due strade. Una, virtuosa, passa attraverso il risveglio delle coscienze di chi immagina un’Italia moderna, lontana dai populismi, incardinata in un’Europa che vuole pienamente federale, e si decide ad uscire dal proprio particulare per assumere una dimensione e delle responsabilità pubbliche, generando una nuova classe dirigente. L’altra, costrittiva, passa da un qualche “vincolo esterno” che ci imponga le scelte che da soli non sappiamo e non vogliamo fare. Attenti a non morire di “bipolarismo paralizzato”.

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