A cura dell’Avv. Margherita Morelli
La giustizia riparativa senza l’affrancamento del reo attraverso una congrua espiazione della pena, per delitti efferati e intollerabili come quello commesso sulla povera Giulia e non solo, e’l’ultima violenza morale, ai parenti della vittima anche se il percorso deve essere concordato e accettato.
Ma si può solo immaginare un approccio sia pure ipotetico nel caso specifico,tra l’omicida dopo un anno o poco più, con i parenti ? Serve a qualcosa paventare un incontro della vittima con il carnefice quanto la ripugnanza per l’azione commessa e’ancora dirompente, straccia l’anima è disturba la stomaco? La sofferenza disumana e destabilizzante che scaturisce da crimini cosi efferati, violenti, disumani non si può ridurre a una questione di riparazione del danno e responsabilizzazione d reo. Si può solo immaginare che la vittima e la società che dovrebbe contribuire al processo riparatorio possano tollerare quantomeno l’idea di un possibile approccio così presto e in cosi breve tempo?
Il valore rieducativo della pena che risponde a principi di civiltà oltre la punizione e la sanzione, non può passare attraverso la giustizia riparativa anche come strumento di riconciliazione e gestione dei conflitti, con il coinvolgimento della vittima. Si richiede un percorso di consapevolezza del disvalore della condotta per la sofferenza cagionata alla vittima e ai parenti nonché per la violazione dei principi etici su cui si costruisce l’ordine sociale.
Non ci può essere alcuna forma di riparazione se il carnefice non abbia prima preso contezza della brutalità dell’azione commessa, ammesso e non concesso che ciò avvenga ma gli irriducibili restano ancora tanti.Il dolore e l’angoscia meritano compassione e rispetto e senza un adeguato percorso di elaborazione del lutto sicuramente lungo e complesso, nessuna forma di incontro confronto con il carnefice può essere messa in conto.
Intendiamoci bene. Il primo bisogno delle vittime e’la punizione del colpevole, esigenza insopprimibile e umanamente comprensibile per iniziare un percorso di elaborazione del lutto.
In caso contrario, il desiderio di giustizia resta insoddisfatto e il percorso di affrancamento diventa più complesso per la vittima e fa crescere il senso di impunità nel reo e di inefficienza del sistema Giustizia nel comune sentire sociale.
Che si parli di giustizia riparativa ma si consenta e sostenga prima un percorso psicologico della vittima del reato che passi anche attraverso la risposta all’esigenza di punizione del reo come corrispettivo per l’aggressione subita. Nel contempo, si dia corso a un processo celere ed efficace che conduca alla condanna del colpevole con una pena giusta, equa commisurata alla gravità del reato commesso ed effettiva
Atteso il valore etico della riparazione che va al di là del mero risarcimento, il programma di giustizia riparativa non può e non deve essere complementare al processo, avendo come unico effetto di limitare il trattamento sanzionatorio del colpevole.