“A Palermo una donna nigeriana di 27 anni ha denunciato un uomo affiliato alla mafia del suo Paese che per anni l’ha costretta a prostituirsi.
La donna ha raccontato di essere fuggita dalla Nigeria perché temeva la vendetta della mafia locale e di essere arrivata con un barcone in Italia dove avrebbe conosciuto l’uomo che l’ha messa sulla strada assieme ad altre donne.
A lui ogni mese avrebbe dovuto consegnare 1.500 euro per non essere picchiata.
Secondo la Corte d’assise di Palermo, però, la donna è una prostituta volontaria che “ha voluto vendersi per non fare la shampista o le treccine”.
Ha ritenuto dunque che non fosse vittima di tratta né di riduzione in schiavitù ma esclusivamente di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a una sentenza intrisa di stereotipi sessisti e razzisti che la dice assai lunga sulla considerazione che si ha delle donne in Italia, ancor peggio se straniere.
I tribunali dovrebbero essere luoghi di tutela di ogni cittadino e cittadina, ma purtroppo non è sempre così ed è questo uno dei principali motivi per cui le donne rinunciano a denunciare.
Serve molta più formazione e specializzazione da parte dei magistrati per riconoscere come affrontare, punire e fermare la violenza contro le donne.
Finché questo passo non verrà fatto e le donne continueranno a essere ritenute parzialmente responsabili della violenza subìta, saremo sempre al punto di partenza. Anche con le migliori leggi.”
Così Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Femminicidio.
Riceviamo e pubblichiamo integralmente i