A cura di Pasquale de Biasi
Ma “cui prodest?” la tortura inflitta ai cittadini colpevoli di aver violato le norme del nostro ordinamento? Il solo dato che emerge incontestabile è il fallimento di ogni proposito rieducativo di chi, val la pena ricordarlo, resta comunque un cittadino di questo paese, sottoposto però più che a misure detentive a quelle punitive, in palese contraddizione con la ratio dichiarata dalle nostre norme. Peraltro il sovraffollamento carcerario italiano non è dovuto all’alto numero di criminali incalliti che paiono nati per delinquere (ammesso che ve ne esistano), no.
Nelle celle delle galere di questo paese sono rinchiusi soprattutto coloro i quali già fuori non godevano delle tutele che uno stato civile dovrebbe assicurare: extracomunitari, tossicodipendenti diventati piccoli spacciatori e soprattutto i poveri. Il giustizialismo sembra andare di moda ed anche se le maggioranze da sempre sono forcaiole, non v’è dubbio che (forse sempre per moda) vi siano stati periodi nei quali esserlo non è stata cosa della quale farsi vanto. La stagione che ha portato alla chiusura dei manicomi, con la fioritura del garantismo e le battaglie per i diritti civili degli anni 70, appartiene a quest’ultimo novero. Oggi assistiamo in Italia invece all’affermarsi di un tendenza che va in direzione diametralmente opposta. I cittadini invocano infatti quasi sempre il ricorso a pene più severe ed il carcere duro, ma la verità è che non sanno cosa sia quella prigione che esigono per gli altri.
Il leader dei Radicali Marco Pannella ha fatto visite periodiche nelle carceri italiane, i filmati riguardanti quelle ispezioni, sono la visione di uno di questi, risalente forse agli anni 90, lasciò su di me un’impressione di cui faccio ancora oggi fatica a liberarmi.
L’Italia è stata condannata a più riprese da vari organismi europei ed internazionali per le condizioni disumane riservate ai detenuti nei nostri istituti di pena, sempre sovraffollati e fatiscenti, ma quanto poteva vedersi in quelle registrazioni andava ben oltre ogni immaginazione.
Viviamo nell’erronea convinzione che chi delinque sia irrimediabilmente diverso da chi rispetta le leggi, senza che ci si ponga alcuna domanda sulle ragioni che stanno alla base della maggior parte delle violazioni. Giuristi esperti ritengono che sia oggi giusto considerare obsoleto lo strumento della detenzione in carcere e dello stesso avviso sono l’ex magistrato Gherardo Colombo. La proposta di fare a meno di questo strumento può apparire provocatoria, ma non lo fu un tempo anche quella di abolire i manicomi?