26 Aprile 2024, venerdì
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Ristrutturazione debiti – ditta cessata – quale soluzione applicare?


A cura di Avv. Prof. Luca Barbuto
Il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, entrato in vigore il 15 luglio 2022 ha introdotto diversi strumenti di risoluzione della crisi destinati sia alle imprese fallibili che sia ai soggetti “minori” ovvero consumatori, professionisti e imprese sotto soglia di fallibilità.
Tra gli istituti finalizzati alla risoluzione del debito il Codice prevede “la ristrutturazione dei debiti del consumatore a cui può accedere esclusivamente la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività d’impresa ed il concordato minore destinato invece ai professionisti, agli imprenditori agricoli, alle start up innovative ed a tutti gli altri imprenditori c.d. minori ovvero non fallibili.
Il legislatore ha inteso disciplinare quindi le situazioni di crisi e di insolvenza inerenti sia debiti di natura privatistica che scaturenti da attività d’impresa, a condizione, in quest’ultimo caso, che la proposta di ristrutturazione consenta la prosecuzione dell’attività.
Tuttavia, sono frequenti nella prassi i casi di esposizioni debitorie inerenti ditte cessate o attività professionali non più esercitate, alle quali non sarebbe applicabile né la ristrutturazione dei debiti del consumatore, strumento riservato al soggetto che agisce per scopi estranei all’impresa, né lo strumento del concordato minore posto che il Legislatore ha disposto espressamente all’art 33 comma 4 CCII che la
domanda presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile.
Paradossalmente, nei casi in questione ed in presenza di debiti di natura tributaria, relativi ad una pregressa attività ormai non più esercitata non sarebbe consentito di accedere ad alcuno degli strumenti di risoluzione della crisi, con l’unica via d’uscita, applicabile per ottenere l’esdebitazione, della liquidazione controllata dei beni.
In vero, dal confronto tra la vecchia disciplina di cui alla Legge 3/2012 e quella nuova del codice della crisi d’impresa parrebbe rinvenirsi una soluzione posto che, si è passati dal concetto di consumatore come colui che ha assunto obbligazioni per scopi estranei all’attività a quello di soggetto che agisce per scopi estranei all’attività. La definizione di consumatore appare quindi, con la nuova disciplina, maggiormente incentrata sull’attualità dell’attività svolta che non sull’origine del debito, di conseguenza, non può non riconoscersi, a parere di chi scrive, in capo al soggetto cessato o in capo a colui che non esercita più alcuna attività professionale o d’impresa, la qualifica di consumatore, il quale pur avendola svolta in passato non agisce più nell’attualità come impresa.
Tale interpretazione, del resto, è anche rinvenibile nella stessa relazione illustrativa al Codice della Crisi nella quale si legge che, non può definirsi consumatore la persona fisica che non abbia cessato di svolgere l’attività professionale o di impresa, ritenendo quindi a contrario che è consumatore colui che quella attività non esercita più.
La stessa Corte di Cassazione con sentenza 1869/2016, sotto il vigore della precedente normativa aveva puntato l’accento sull’attualità del debito, facendo rientrare nella nozione di consumatore il soggetto con debiti d’impresa purché derivanti da attività imprenditoriale o professionale pregressa e non più
proseguita.
Tale soluzione appare senza dubbio maggiormente compatibile con la nozione di consumatore quale persona fisica che nel presente ‘agisce’ per scopi estranei all’attività imprenditoriale pur avendola ‘eventualmente’ svolta nel passato”, la suddetta nozione appare capace di abbracciare qualunque persona fisica che al momento dell’accesso allo strumento di regolazione della crisi da sovraindebitamento, sia obiettivamente spogliato della veste di imprenditore o professionista e ciò indipendentemente dal proprio diverso passato dal quale abbia ancora ereditato debiti.
Del resto, escludere l’ex professionista o ex imprenditore dallo strumento della ristrutturazione ex art.
67 CCII per relegarli alla sola liquidazione risulta priva di motivazione e contraria allo spirito della legge di favorire un fresh start del debitore
Alla luce delle argomentazioni sopra riferite si ritiene che al soggetto sovraindebitato, con pregressa esposizione debitoria derivante da attività professionale o di impresa, non possa essere precluso l’accesso allo strumento della ristrutturazione dei debiti del consumatore, purché il debito tributario oggetto di ristrutturazione non sia più attuale e l’attività non sia più esercitata.

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