25 Aprile 2024, giovedì
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L’incitamento all’odio: Dalla rubrica A.U.G.E., Avv. Luciana Ruggiero ci risponde

A cura di Ionela Polinciuc

Avv. Luciana Ruggiero: L’incitamento all’odio è un reato? Se si, perché?
L’art. 604-bis del Codice penale, è stato introdotto con il D.lgs. 21/2018, a presidio della tutela della dignità umana e del rispetto del principio generale di uguaglianza, incriminando il delitto di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Esso prevede: la reclusione fino ad un anno e sei mesi o una multa fino a 6.000 euro per chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istighi a commettere o
commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Punisce quindi, con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istighi a commettere o commetta violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Parimenti vietata, anche in un’analoga dimensione sociale di riprovevole aggregazione collettiva, è altresì ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Qualora ricorrano le predette ipotesi, infatti, chi partecipi a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presti assistenza alla loro attività è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, invece, con la reclusione da uno a sei anni.
In diritto, il concetto di “propaganda” è stato inteso nel senso di “divulgazione di un’idea al fine di condizionare o influenzare il comportamento o la psicologia di un vasto pubblico in modo da raccogliere adesioni intorno all’idea propagandata”, mentre il concetto di “odio” penalmente rilevante, lungi dall’esprimere “qualsiasi sentimento o manifestazione di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, pur se riconducibile a motivazioni attinente alla razza, alla nazionalità, all’etnia o alla religione”, è inteso come “un’avversione tale da desiderare la morte o un grave danno per la persona odiata”
In altri termini, per essere addebitata la responsabilità penale ai sensi dell’art. 604-bis del codice penale, deve sussistere un “sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo dì comportamenti discriminatori”, secondo un accertamento sulla concreta pericolosità del fatto compiuto dal giudice, tenendo conto del contesto specifico in cui si colloca la singola condotta, “in modo da assicurare il contemperamento dei principi di pari dignità e di non discriminazione con quello di libertà di espressione”.

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