23 Aprile 2024, martedì
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Dott. Vincenzo Crasto: ”E’ arrivato il momento di cambi radicali per il nostro Paese”

A cura di Ionela Polinciuc

Bisognerebbe avere una giustizia garantista, ma veloce – capace di assicurare pene certe e proporzionate per coloro che si macchiano di illeciti e reati – non può che impattare positivamente sulla lotta alla criminalità. La giustizia in Italia sembra essere in forte crisi, tutto troppo lento ed ecco che il popolo si chiede: ” perché la giustizia in Italia va cosi lenta?”

Al riguardo, abbiamo intervistato Dott. Vincenzo Crasto, il presidente nazionale dell’Associazione italiana magistratura onoraria AIMO.

Lo stato attuale della giustizia in Italia?
L’Italia è maglia nera in Europa, ormai da anni, secondo la Commissione europea per l’efficienza della giustizia. Un giudizio di primo grado si conclude, in media, in tempi tre volte superiori a quelli europei.
Nel settembre dello scorso anno pendevano 4 milioni e 400 mila cause civili e penali.
L’Italia ha il primato delle condanne per i processi troppo lunghi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo: 1.202 dal 1959 (data di avvio di attività della Corte di Strasburgo) ad oggi; al secondo posto c’è la Turchia con 608, a seguire Francia (284), Germania (102) e GB (30), Spagna (16).
Per l’eccessiva lunghezza dei processi negli ultimi cinque anni l’Italia ha pagato 574milioni di indennizzi ai sensi della legge Pinto ai cittadini che hanno patito una violazione del loro diritto alla ragionevole durata del processo, un diritto riconosciuto dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Si tratta di danaro dei cittadini letteralmente gettato dalla finestra, se pensiamo a quali benefici potrebbero portare quei fondi se diventassero investimenti, anziché indennizzi per violazione di diritti.
Come affermava Jeremy Bentham una giustizia che arriva in ritardo rappresenta una denegata giustizia.

Efficienza ed innovazione della giustizia
E’ arrivato il momento di cambi radicali per il nostro Paese, innanzitutto è necessario abbandonare quello che definisco “justicewashing”, mutuando dall’ecologismo il termine greenwashing, per cui a parole le istituzioni si professano a favore dell’efficienza della giustizia, ma nei fatti non vi è un serio e convinto impegno in tal senso.
Abbiamo vissuto una situazione eccezionale con la pandemia, che ha peggiorato, se possibile, lo stato della giurisdizione e pertanto è necessario recuperare il tempo perduto e rendere finalmente efficiente la giustizia nel ns Paese, pena la perdita di svariati miliardi del PNRR.
L’innovazione tecnologica in tale quadro è fondamentale. Occorre digitalizzare la giustizia, ma anche qui occorre impegnarsi sul serio. Occorre attivare il PCT, il processo civile telematico dinanzi al Giudice di pace, ma soprattutto non è più possibile accettare che per banali problemi tecnici il lavoro del magistrato diventi un percorso ad ostacoli e venga quindi rallentato da un sistema che dovrebbe essere sinonimo di efficienza.
Il Presidente della Corte d’Appello di Napoli Eugenio Forgillo, uno dei massimi esperti in tema di digitalizzazione, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario ha rilevato che
innumerevoli sono le segnalazioni di inefficienza, ritardi e scarsa qualità dell’assistenza informatica.
Ciò rallenta l’attività di tutti gli operatori della giustizia ed è un serio problema che va
assolutamente risolto in tempi brevi.
L’efficienza della giustizia e il credito alle imprese
L’eccessiva lunghezza dei processi costa allo Stato il 2% del PIL, oltre 30 miliardi di euro, come ha ricordato il ministro della Giustizia Nordio. I tempi lunghi della giustizia danneggiano gravemente
le imprese che non riescono a programmare i propri investimenti. Le imprese coinvolte in procedimenti, che sovente possono durare un decennio ed oltre, rischiano in molti casi il fallimento a cagione dell’immobilizzazione di cospicue risorse economiche “nel processo”. Di conseguenza gli istituti bancari in un tale clima di incertezza, negano il credito alle imprese, che spesso falliscono. Si
crea quindi in un circolo vizioso che danneggia la competitività del sistema Paese.
Last but not least l’inefficienza della giustizia allontana dal nostro Paese molte imprese straniere, che semplicemente rinunciano ad investire in Italia, in quanto pretendono tempi celeri di definizione dei giudizi di stampo “europeo” in caso di coinvolgimento in controversie giudiziarie.
Giustizia civile: come promuoverne l’efficienza?

In primis, a mio avviso tutte le componenti del sistema giustizia dovrebbero fare un passo indietro, abbandonando il muro contro muro praticato negli ultimi decenni ed aprirsi ad uno spirito che
potremmo definire “repubblicano”, in cui ciascuno rinuncia a qualcosa per il bene della Nazione. Non tutto però è negativo.
Secondo i dati del ministero della Giustizia in Italia vi è una magistratura efficiente, ovvero quella onoraria che è arrivata a definire anche due milioni di procedimenti in un anno, una magistratura “a legge Pinto zero”: ciascun giudice di pace nel settore civile definisce in media circa 700 procedimenti annui, la durata media dei processi si attesta in tempi inferiori ad un anno e le sentenze emesse risultano appellate in una misura inferiore al 3%. Senza poi i Vice procuratori
onorari i processi dinanzi al giudice monocratico semplicemente non potrebbero celebrarsi.
Pertanto la soluzione a breve periodo potrebbe essere quella di istituire vere e proprie task force di magistrati onorari dedicate all’abbattimento dell’arretrato in tempi celeri e predeterminati, sul modello dei Giudici Onorari Aggregati istituiti nel 1997.
I magistrati onorari hanno continuato a celebrare udienza in presenza anche nei mesi in cui infuriava la pandemia da Covid – 19, senza alcuna tutela previdenziale ed assistenziale e quindi il Paese ha un enorme debito di riconoscenza nei loro confronti. Oggi invece è forte il rischio della paralisi dell’intera giurisdizione per effetto dall’imminente entrata in vigore delle parti più deteriori delle riforme dei passati esecutivi, in specie la cd. riforma Orlando del 2017 sulla magistratura onoraria. In buona sostanza tale riforma impone ai giudici onorari di lavorare meno. Ciò è irrazionale in quanto sulla magistratura onoraria tra pochi mesi graverà ben oltre il 60% dell’intero contenzioso, in forza della norma introdotta del precedente Governo, che ha aumentato le attribuzioni, specie dei giudici di pace, la cui competenza per valore è raddoppiata passando da euro 5mila a 10mila.
Nel lungo periodo è necessario digitalizzare efficacemente il sistema giustizia, come evidenziavo in precedenza, e coprire le scoperture di organico della magistratura di carriera, individuando, magari forme di selezione dei magistrati più moderne ed effettivamente in grado di scegliere i migliori. Ad esempio perché non trovare il modo di valorizzare il voto di laurea?
Il momento è sicuramente cruciale. Il destino dei magistrati onorari è strettamente legato a quello dell’intero settore giustizia. Auspichiamo un intervento del Governo nel più breve tempo possibile in quanto continuare a mortificare la magistratura onoraria significa produrre l’ineluttabile paralisi dell’intero sistema.

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