Prima di tutto, bisogna fare una premessa: il contratto di convivenza è un accordo con cui i conviventi regolano i propri rapporti patrimoniali della loro vita in comune. La coppia può stabilire, ad esempio, l’obbligo di contribuzione di ciascuno alle spese familiari, eventuali importi a titolo di mantenimento dovuti all’ex in caso di cessazione della convivenza, la cointestazione della casa o la cessione di un diritto di usufrutto sulla stessa, il regime patrimoniale della comunione dei beni, esattamente come avviene per le coppie sposate.
Con il contratto di convivenza, i due conviventi, non possono invece disciplinare interessi altrui, specie di soggetti deboli incapaci di difendersi da sé, come appunto i minori.
Per quanto riguarda la tutela della casa familiare in favore del genitore con cui i figli vanno a vivere è un provvedimento che il giudice adotta a tutela della prole e non già del genitore collocatario. Il genitore, ha l’obbligo di evitare che il figlio abituato a vivere in un certo ambiente non subisca traumi dovuti al trasferimento, aggiungendo un altro trauma a quello già esistente della fine della relazione dei genitori.
Da ricordare: non è possibile inserire nel patto di convivenza un accordo con cui si esclude l’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario.