29 Marzo 2024, venerdì
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Aborto: guida legale sull’interruzione volontaria della gravidanza

L’aborto, ossia l’espulsione del feto o dell’embrione dall’utero, può essere spontaneo o volontario. L’aborto volontario, definito tecnicamente interruzione volontaria della gravidanza o (IVG), è un procedimento medico chirurgico o farmacologico con cui si provoca la morte del feto.
L’aborto in Italia è un diritto riconosciuto dalla legge 194/1978 ed è gratuito. Questa legge ha reso infatti lecita la procedura di interruzione della gravidanza per garantire “il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”, riconoscere “il valore sociale della maternità” e tutelare sin dal principio la vita umana.

La norma più importante della legge è infatti l’art. 14 perché prevede che: “Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna.
L’aborto è lecito quando viene praticato nel rispetto delle norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza contenute nella legge n. 194/1978. La legge prevede la possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza prima e dopo i 90 giorni, per ragioni diverse.

Nel primo caso, la donna può interrompere la gravidanza entro 90 giorni se esistono motivi di pericolo derivanti dal proseguimento della gravidanza, dal parto o dalla maternità per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, sociali, familiari, alle circostanze legate al concepimento, alle previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. Se la gravidanza viene interrotta dopo i primi 90 giorni, la legge prevede che la gravidanza o il parto devono costituire un grave pericolo per la vita della gestante o devono essere stati accertati processi patologici, compresi quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che costituiscono un pericolo per la salute fisica e psichica della donna. L’interruzione di una gravidanza deve essere valutata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento.

Talvolta, la richiesta di interruzione di una gravidanza può essere presentata anche da altri soggetti quando ad esempio la donna è una minore di 18 anni e per procedere all’interruzione della gravidanza è necessario il consenso di chi esercita sulla stessa la tutela o la responsabilità genitoriale.

Un altro caso particolare che richiede quindi regole particolari è quello che riguarda l’interdetta per infermità di mente. In questo caso la legge consente che la richiesta d’interrompere la gravidanza entro i primi 90 giorni o nei successivi possa essere avanzata direttamente dalla donna, dal tutore o dal marito non tutore e non separato. Se però la richiesta viene presentata dall’interdetta o dal marito il tutore deve dare il suo parere, mentre se la domanda viene avanzata solo dal marito o solo dal tutore, la donna deve comunque confermarla.
La donna che intende abortire può rivolgersi a una serie di strutture: dal consultorio familiare, al medico di famiglia, sino al pronto soccorso. L’iter più comune in genere però ha inizio nel momento in cui la donna in stato di gravidanza, munita di un referto da cui risulta il suo stato di gravidanza eseguito da un laboratorio e da un documento d’identità, si presenta al consultorio familiare. Prima dell’intervento comunque alla donna deve essere data la possibilità di esaminare ancora la situazione nel suo complesso anche per trovare soluzioni alternative. Il tutto con l’aiuto dei professionisti sanitari che, ove possibile e necessario devono aiutare a rimuovere le cause che hanno portato la donna a prendere una decisione così importante.
Solo dopo aver appurato che la decisione è presa e le cause che hanno indotto la donna a optare per l’aborto volontario, il ginecologo del consultorio o il medico di base che effettuano la visita, devono certificare la decisione e informare la donna sulle metodiche.

L’aborto in Italia è gratuito ed è eseguito mediante il Servizio sanitario nazionale ed è garantito anche alle donne che non hanno la cittadinanza italiana. Chi decide di rivolgersi ad un ambulatorio privato, i costi per procedere all’interruzione di una gravidanza variano dai 2000 ai 3000 euro.

L’interruzione volontaria della gravidanza può essere praticata con due metodi diversi: quello farmacologico e quello chirurgico.

Chiunque decida di interrompere una gravidanza senza rispettare le disposizioni della legge, è punito con la pena della reclusione fino a tre anni, mentre la donna con la multa  di 100.000 lire (euro 51,65). Chi invece pratica l’aborto senza l’accertamento medico previsto dalle lettere a) e b) dell’art. 6 o in violazione dell’art. 7, è punito con la reclusione da 1 a 4 anni, mentre la donna è punita con la reclusione fino a 6 mesi.










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