27 Aprile 2024, sabato
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Crisi di impresa novità entro maggio

A cura della redazione 

Pronto lo schema di decreto legislativo che modifica il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii) emanato con il dlgs 12 gennaio 2019, n. 14. Già rinviato a causa della pandemia Covid-19 e poi a seguito dell’art. 1 del dl 28 agosto 2021, n. 118 entrerà in vigore nei tempi previsti (16 maggio 2022) con importanti cambiamenti. La Composizione negoziata della crisi d’impresa (Cnc) introdotta con la legge 147/21 di conversione del dl 118/21 non andrà però in pensione, in quanto l’articolo 2 dello schema di decreto la inserisce nel corpo del Ccii. La principale novità, tuttavia, è nella nuova definizione di assetti organizzativi per prevenire la crisi d’impresa. Infatti, nel Ccii prende corpo la enunciazione e il perimetro di ciò che ogni imprenditore sarà obbligato a fare per ritenersi in linea alla legge. L’art. 2086 del codice civile modificato dal Ccii dal 16 marzo 2019 non descrive oggi il contenuto degli assetti organizzativi, mentre lo schema di decreto va a integrare (art.3) il Ccii specificando i nuovi strumenti per consentire all’imprenditore di rilevare tempestivamente l’esistenza di un eventuale stato di crisi o di insolvenza e quindi quando attivarsi in maniera efficace per il suo superamento. In particolare, viene chiarita la funzione delle misure e degli assetti organizzativi fissando i segnali di allarme più significativi rispetto ad una possibile situazione di difficoltà in cui si può trovare l’impresa. La disposizione attua la direttiva comunitaria e chiarisce così i termini e le condizioni in presenza dei quali l’imprenditore deve attivarsi ricorrendo ad un quadro di ristrutturazione, menzionando, tra di essi, anche le esposizioni debitorie in presenza delle quali è previsto l’intervento dei creditori pubblici qualificati. Con il nuovo Ccii, dunque, sia gli imprenditori individuali sia quelli collettivi dovranno adottare misure idonee o assetti adeguati per intercettare la crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte. Ai fini della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, le misure e gli assetti ritenuti idonei dovranno consentire di: a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; b) verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme identificati dall’art. 3 comma 4 del nuovo Ccii; c) ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento già introdotto dal dm 28 settembre 2021 che ha recepito l’art. 3 della l. 147/21, ora inserito nell’art. 13 del Ccii. Quanto ai segnali di allarme, vengono identificati i parametri specifici, così riempendo il vuoto dell’art. 2086 c.c. Saranno elementi di allarme: a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; nonché d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1 del Ccii che riguarda le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati i quali dovranno segnalare all’imprenditore la necessità di attivare la Cnc. Inps e Agenzia delle entrate manterranno l’obbligo di presidio, della situazione debitoria delle imprese quando il ritardo di oltre novanta giorni nel versamento di contributi previdenziali è di ammontare superiore, per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30 per cento di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000 e per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000, ovvero quando il debito relativo all’imposta sul valore aggiunto scaduto e non versato o affidato all’agente della riscossione è superiore a determinati valori.

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