24 Aprile 2024, mercoledì
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La dilagante piaga del lavoro minorile

a cura di Ronald Abbamonte

Le elevate  percentuali di lavoro minorile continuano a rappresentare una delle piaghe più dolorose del mondo moderno. Una piaga divenuta, spesso nel silenzio generale, una vera e propria caratteristica comune a tutti i paesi industrializzati,  tra i quali non possiamo tenere fuori nemmeno l’Italia. La penuria di dati statistici, nel nostro paese , infatti , non può indurre a ritenere che lo sfruttamento minorile non rappresenti anche nella nostra realtà nazionale un fenomeno presente e in sostanziale incremento come  effetto ulteriore della pandemia con la quale conviviamo forzatamente da più di un anno. 

Il lavoro minorile nel mondo.

C’è poco da star tranquilli  quando si apprende che nel mondo sono ben 152 milioni i bambini coinvolti nel fenomeno del lavoro minorile, di cui 64 milioni di bambine e 88 milioni di bambini. Quelli che Save the children definisce significativamente “piccoli schiavi invisibili” rappresentano un vero e proprio esercito dinanzi al quale non si può restare inerti. Fa stare ancora peggio sapere che circa la metà di essi sono costretti a svolgere attività lavorative comunemente definite pericolose in termini di  sicurezza e molte volte in termini di  salute.

Quindi 1 bambino su 10  è  oggetto di sfruttamento con una percentuale destinata a salire rapidamente nei paesi più poveri del mio mondo dove il rapporto non sarebbe più di 1 a 10 ma addirittura di 1 a 4.

Nei paesi colpiti da conflitti armati, poi,  l’incidenza del lavoro minorile sarebbe del 77% più alta rispetto alla media mondiale.

La fotografia di un fenomeno dalla portata considerevole con il quale il mondo moderno molte convive  silenziosamente se non altro perché il fenomeno il più delle volte si concretizza nel sommerso, nelle pieghe della società contemporanea dove spesso e volentieri lavoro minorile fa rima con orribili forme di vera e propria schiavitù.

Il lavoro minorile in Italia

Come succede nel resto del mondo anche in Italia si convive con  proporzioni macroscopiche del fenomeno. Per la verità i dati a disposizione sono davvero pochissimi e sicuramente non in grado di rispecchiare l’entità reale di quello di cui stiamo parlando. Ricordando che nel nostro paese è una legge datata 1967 a proibire il lavoro minorile, sarebbe fuorviante interrogarsi sulla sua effettiva dimensione riferendoci ai soli 243 casi di sanzioni disposte dall’ispettorato del lavoro per violazione della norma registrati nel 2019. Sul punto sarebbe molto più utile, invece, prendere in esame i dati risalenti al 2013 forniti da una ricerca congiunta di Save the children con la  Fondazione Di Vittorio dalla quale risulterebbero, a quel momento,  ben 340.000 minori al di sotto dei 16 anni illegalmente occupati. Per quanto attiene alle modalità, anche nel nostro paese, il lavoro minorile, seguendo la tendenza globale,  ristagna nell’invisibilità del sommerso con attività il più delle volte poco visibili e di conseguenza anche poco esposte a controlli.  

Singolare, poi, che si debba ricorrere a dati risalenti a 8 anni fa per avere almeno un’idea dell’ordine di grandezza con il quale etichettare nel paese questa piaga. Se, come sembra, nient’altro ci dicono studi o statistiche, allora diventa davvero difficile non solo calibrare in maniera ottimale un’eventuale risposta legislativa al problema ma anche capire in che misura i numeri del fenomeno siano cresciuti anche per effetto della pandemia, dando per tacitamente acquisito a livello mondiale gli effetti negativi di quest’ultima.

Lavoro minorile e Covid-19

Il Covid-19 ha senz’altro dilatato il fenomeno con la chiusure delle scuole imposte dai vari lockdown e con l’impoverimento generalizzato delle famiglie. Il rapporto dell’International Labour Organization e dell’Unicef, di qualche mese fa, aveva avvertito come la pandemia potesse aver effetti deleteri sul lavoro minorile vanificando gli sforzi compiuti dal 2000 in più per contenere il fenomeno.

Un miliardo di studenti senza scuola in 130 paesi e l’impoverimento delle famiglie hanno sicuramente reso più corposo il fenomeno,  per averne piena coscienza della misura di quanto possa essere stato negativo l’effetto,  basti pensare che un solo punto percentuale in più di povertà corrisponde ad un’incremento dello 0,7%del lavoro minorile.

Quando le difficoltà per le famiglie sono quelle rappresentate dalla sopravvivenza economica allora l’eventualità che gli adolescenti s’indirizzino verso forme di lavoro poco ortodosse aumentano esponenzialmente,  con il vero rischio che sarà tutt’altro che scontato, all’indomani della pandemia, re-indirizzare gli stessi verso modelli di sviluppo personale più consoni alla loro età.

Molto dovranno fare, nell’immediato futuro le organizzazioni internazionali con l’Unicef in prima fila e gli  stati nazionali a ruota,  per rispondere in termini compiuti al pericoloso dilagare di abitudini e norme sociali su cui il fenomeno del lavoro trae origine e sviluppo.

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