19 Aprile 2024, venerdì
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Per la ripresa dell’occupazione è necessario rivedere le competenze

A cura di Stefano Iorio 

Le competenze sono il petrolio delle economie ed è su quelle che bisogna investire per la ripartenza. In Italia, uno strumento utile può essere quello del Fondo nazionale per le nuove competenze, inserito nel PNNR. In generale, il tema della creazione di competenze è caldo: al Forum economico di Davos quest’anno si è parlato molto di come salvare i posti di lavoro in aziende, dove anche quelli più sicuri potrebbero diventare incerti, con occasioni ancora minori per giovani e donne. Ci troviamo in un punto in cui la digital transformation sta ridefinendo il futuro del lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025, il 50% di tutti i lavoratori avrà bisogno di reskilling e il 40% delle competenze base degli attuali lavoratori cambierà. La conseguenza è scontata: pensare che ciascuno di noi o la nostra impresa non sarà toccata dal cambiamento di competenze è utopico.

Capi di governo ed economisti, consapevoli che il capitale umano e la conoscenza sono i fattori che più di tutti influenzano la crescita di lungo periodo di una economia, si interrogano – specie in un tempo di pandemia – sulle modalità di creare nuovo lavoro e di come accompagnare i lavoratori lungo un percorso di riqualificazione professionale.

Nonostante ci siano previsioni che fanno pensare che la tecnologia rimpiazzerà le persone, molti studiosi ed economisti sono convinti che il lavoro umano sarà ancora determinante, perché caratterizzato da molta forza, elasticità e straordinaria capacità da parte delle persone di innovare, collaborare e realizzare i propri obiettivi. È vero che la digitalizzazione si traduce in alcuni casi in perdita di lavoro, ma il digitale è in grado di generarne anche di nuovi. È necessario però che le persone si preparino per il nuovo mondo digitale e che le aziende giochino un ruolo importante nel preparare le persone e accompagnarle in modo creativo nella nuova economia digitale.

Il modo in cui i Governi e le altre parti interessate affronteranno il cambiamento tecnologico giocherà un ruolo importante nel “ripristinare” la società, l’economia e l’ambiente imprenditoriale. Misurare la portata dell’economia digitale non è semplice, ma un parametro per misurare il grado di digitalizzazione nei paesi dell’UE è la misura in cui l’occupazione è correlata alle attività digitali. Il report della Banca Centrale Europea “L’economia digitale e l’area dell’euro”  ha messo in luce come i settori con maggiore intensità digitale, nel decennio 2006-2016, hanno contribuito in modo sostanziale alla crescita dell’occupazione nelle economie avanzate.

Osservando la relazione tra la crescita dell’occupazione totale e il contributo dei settoriad alta intensità digitale per alcune economie europee, la BCE arriva alla conclusione che “le economie con una quota più elevata dell’economia digitale sul valore aggiunto totale tendono a essere quelle con tassi di disoccupazione più bassi. I dati analizzati nei Paesi più fortemente dipendenti dal digitale, ad esempio Svezia ed Estonia, suggeriscono un forte contributo dei settori ad alta intensità digitale alla crescita dell’occupazione totale”. Estonia e Svezia, infatti, sono costantemente in cima alle classifiche dell’occupazione digitale, superando molte altre economie dell’UE.

L’analisi sembra contrastare l’idea che un più elevato livello di digitalizzazione porti a una maggiore disoccupazione aggregata. Ciò non vuol dire che la digitalizzazione non si traduca in spostamenti e interruzioni del lavoro, per cui alcuni lavoratori perdono il lavoro e hanno difficoltà a riprendere un lavoro per periodi prolungati, ma la digitalizzazione genera anche nuovi opportunità e posti di lavoro.

Una recente indagine del World Economic Forum-Ipsos rileva che la maggior parte degli adulti è incredibilmente ottimista sull’accesso alla tecnologia, agli strumenti digitali e alla formazione nei prossimi mesi. Quando si tratta di innovazione tecnologica, anche i leader d’azienda sono ottimisti: vedono la tecnologia e la digitalizzazione come un mezzo per avere successo. Eppure, la disoccupazione è aumentata vertiginosamente durante la pandemia. Secondo il Future of Jobs Report 2020 del World Economic Forum ,“per la prima volta negli ultimi anni, la creazione di posti di lavoro sta iniziando a rimanere indietro rispetto alla distruzione di posti di lavoro – e questo fattore è destinato a colpire maggiormente i lavoratori più fragili e svantaggiati”.

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