Spacciarsi per un’altra persona, anche se la sostituzione è online e quest’altra persona è consenziente, rimane comunque un reato.
Questa è la vicenda: dato che un sito gli impedisce di continuare ad accedere ai suoi servizi, per poterlo fare lo stesso F.L crea un proprio account a nome di un suo conoscente B.A con il consenso di quest’ultimo. Utilizza anche lo stesso account e una carta paypal, per fare scommesse su un sito di giochi d’azzardo.
Scoperto, F.L viene chiamato al tribunale a rispondere del suo comportamento. Dopo essere stato condannato nei primi due gradi di giudizio, la controversia finisce in Cassazione. F.L. si difende sostenendo che BA era a conoscenza dell’utilizzo della sua identità e aveva espressamente dato il consenso alla creazione dell’account fittizio.
Quindi, secondo FL da parte sua non c’è stato alcun abuso. La cassazione replica che ciò è del tutto irrilevante. Anzi, anche chi ha dato il consenso a creare la sostituzione di persona potrebbe ritenersi corresponsabile del reato. L’obiettivo della legge è quello di tutelare la veridicità dei rapporti tra le persone e i soggetti giuridici.
Il consenso dato da BA all’uso della sua identità a favore di FL non serve quindi a impedire la configurazione del reato. Perché quest’ultimo si realizzi, però, occorre un ulteriore requisito: dall’attribuzione di identità altrui deve derivare o un danno a terzi o un vantaggio per sé. Nel caso di FL proprio grazie alla falsa identità, il vantaggio si è concretizzato nella possibilità di potersi servire di un sito che altrimenti lo avrebbe escluso. Per queste regioni la Corte di Cassazione respinge il ricorso di FL confermandone la conferma.