25 Aprile 2024, giovedì
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Austria-Alto Adige: minoranza tedesca e doppia cittadinanza

Ha suscitato scalpore la proposta del nuovo governo d’Austria di attribuire (su richiesta) la cittadinanza austriaca agli appartenenti alla minoranza tedesca della provincia di Bolzano, che si troverebbero ad essere titolari di una doppia cittadinanza: austriaca ed italiana. La questione dell’Alto Adige sembrava ormai sopita con l’attuazione dell’Accordo De Gasperi-Gruber (dai nomi degli allora ministri degli Esteri di Roma e Vienna) del 1946 e le intese di Copenaghen del 1969, con cui venne approvato il calendario operativo delle misure che l’Italia avrebbe dovuto prendere per dare attuazione allo statuto di autonomia. Nel 1992 l’Austria rilasciò la cosiddetta quietanza liberatoria, con cui dava atto della conformità delle misure adottate alle intese precedentemente raggiunte.Il ‘Pacchetto Alto Adige’, celebrato anche in occasione del decennale della chiusura della vertenza dagli allora presidente della repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi e austriaca Thomas Klestil nel 2002,  costituisce un insieme di disposizioni che configurano l’autonomia altoatesina  come uno degli strumenti più avanzati di tutela delle minoranze nazionali, spesso portato ad esempio nei vari fori internazionali e che potrebbe servire da modello per la soluzione di annose controversie attualmente esistenti, come quella tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabakh.

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Inquadramento giuridico internazionale.L’attribuzione della cittadinanza dello Stato di origine etnica non fa parte del diritto tradizionale di protezione delle minoranze nazionali. Esse hanno la cittadinanza dello Stato di insediamento e godono, senza discriminazione, dei diritti che l’ordinamento giuridico accorda a tutti i cittadini, ma devono anche condividerne i doveri. Ovviamente le minoranze dovrebbero godere di un plus, che consenta loro di preservare le caratteristiche etniche e nazionali. Questo plus può dipendere da strumenti multilaterali (a livello Nazioni Unite o a livello regionale, come Osce e Consiglio d’Europa) e da accordi bilaterali come quello De Gasperi-Gruber. Le minoranze godono di un diritto di autonomia (o di autodeterminazione interna), ma non del diritto all’autodeterminazione esterna, cioè la secessione o il ricongiungimento territoriale con lo Stato di origine. La loro tutela deve rispettare il principio dell’integrità territoriale dello Stato d’insediamento, come è precisato nelle Raccomandazioni di Bolzano/Bozen dell’Osce sulla tutela delle minoranze nazionali nelle relazioni tra Stati del 2008.Gli altoatesini godono, al pari di tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, di una seconda cittadinanza: quella dell’Ue. Ma la cittadinanza europea, che è disciplinata dai Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, non sostituisce la cittadinanza nazionale; non crea vincoli di appartenenza e di fedeltà ad un sistema politico nazionale, vincoli che rimangono ancorati alla cittadinanza nazionale. Pertanto, i cittadini europei possono votare per le elezioni europee e per quelle municipali degli Stati membri in cui risiedono, anche se stranieri. Non è invece contemplato il voto per le elezioni politiche nazionali. La cittadinanza europea è un complemento di quella nazionale, che resta un cardine fondamentale, essendo l’Unione ancora composta da Stati e non esistendo un popolo europeo.

Italia e duplice cittadinanza.Molti ordinamenti giuridici consentono ormai la doppia cittadinanza. Essa era in passato considerata con sfavore, tanto da concludere, nel 1963, la Convenzione sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di pluralità di nazionalità. L’Italia aveva ratificato la Convenzione. Ma ha dovuto denunciarla in parte, dopo che con la nuova legge sulla cittadinanza del 1992 ha ammesso la doppia cittadinanza. Essa può essere conservata dai nostri connazionali emigrati in altri Stati, quantunque acquistino quella dello Stato di residenza, e viene conferita anche ai loro discendenti in base al principio dell’acquisto della cittadinanza per nascita (iure sanguinis). Ma vi è di più.La nostra Costituzione, all’articolo 51, parifica, ai fini dell’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, ai cittadini italiani gli italiani non appartenenti alla Repubblica, cioè a quegli italiani residenti in territori ceduti dopo il Trattato di pace del 1947 o comunque a cittadini emigrati che avevano perso la nazionalità italiana (però la disposizione non è priva di ambiguità, essendo una norma chiaramente programmatica).

Timori di politiche irredentiste.Mentre la doppia cittadinanza degli emigranti non solleva grandi problemi politici, diverso è il caso della doppia cittadinanza conferita dallo Stato di origine etnica ad individui residenti in territori un tempo appartenenti allo Stato di origine. Vi è il sospetto che sia un meccanismo per incoraggiare politiche irredentiste. Sospetto non imputabile all’Italia, che non ha avanzato alcuna rivendicazione sull’Istria, quantunque dopo la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia qualcuno volesse rimettere in discussione il Trattato di Osimo. Ma non sempre è così. Ne sono prova le proteste sollevate da una legge dell’Ungheria del 2010, con cui è stato possibile a cittadini residenti in Slovacchia, Romania e Serbia di acquistare la cittadinanza ungherese. Si tratta di oltre 2 milioni di persone.Si rischia di far nascere pretese irredentiste, tenendo conto che i parlamentari dell’Alto Adige eletti nel Parlamento austriaco avrebbero un vincolo di fedeltà nei confronti dell’Austria e non dell’Italia (o quantomeno un vincolo forte per l’Austria e attenuato per l’Italia). L’irredentismo non farebbe altro che complicare ulteriormente il processo d’integrazione europea, già messo in discussione da rivendicazioni nazionaliste. Occorre quindi che l’Austria si astenga da ogni atto unilaterale: ogni soluzione deve essere concordata nel quadro dell’Accordo De Gasperi-Gruber e delle misure di attuazione che sono state negoziate. Quello di cui non si sente proprio il bisogno è la nascita di una nuova controversia sull’Alto Adige.

a cura di Maria Parente

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