28 Marzo 2024, giovedì
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Alfabetizzazione finanziaria: italiani sotto la sufficienza

Non è un caso se la questione della capacità di comprensione finanziaria delle persone (e delle aziende) tema di copertina de L’Impresa in questo momento in edicola sta diventando un argomento sempre più all’ordine del giorno. Lo è per la Commissione Europea, per cui la Financial Literacy (letteralmente alfabetizzazione finanziaria: la comprensione di come funziona il denaro nelle sue varie forme) è uno dei temi cardine per una prossima direttiva.

Lo è per le autorità economiche mondiali ed europee: l’insorgere di bufale, di posizioni anche illogicamente antieuro rappresenta una delle minacce più concrete non solo alla ripresa ma anche alla vita stessa dell’Unione.

Di sicuro la scarsa comprensione dei meccanismi che regolano la finanza è stato uno dei fattori scatenanti della lunghissima crisi che ci trasciniamo dal 2008. Dunque un plauso al Professor Pippo Ranci Ortigosa (professore emerito di politica economica alla Cattolica di Milano, già presidente dell’Authority sull’energia, presidente del Consorzio Pattichiari, organismo promosso dall’ABI per favorire regole condivise fra banche e intermediari finanziari nei confronti dei clienti)  che, seguendo le indicazioni dell’OCSE (Atkinson e Messy, 2012) ha sviluppato anche per l’Italia un Indice Globale di Competenza Finanziaria.

 

L’indagine si è fondata su un concetto ampio e dinamico di alfabetizzazione finanziaria, legato a conoscenze, comportamenti e atteggiamenti riguardo il denaro, ma anche alla propensione al risparmio e alla pianificazione di lungo termine.  Il lavoro ha previsto la costruzione dell’indice  chiamato IGCF1, composto a sua volta dalla somma di tre sotto indici: l’Indice di comportamento finanziario, l’Indice di propensione verso il risparmio e l’Indice di conoscenza finanziaria. L’Indice Globale , il cui valore è compreso tra un minimo di 3 e un massimo di 20, presenta per l’Italia il valore medio di 11,2, che equivale, in termini scolastici, al voto 5.

 

Alla sua elaborazione ha contribuito  un team interaccademico guidato dal professor Ranci composto da docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Università Statale degli Studi di Milano Bicocca e dell’Invalsi in collaborazione con il Consorzio PattiChiari.

 

I risultati sono stati presentati nel convegno “La financial literacy tra ricerche e prospettive”. A fronte di comportamenti virtuosi e di una buona padronanza dei concetti di base della finanza, come la relazione positiva tra rischio e rendimento degli investimenti finanziari, gli italiani hanno una scarsa familiarità nel calcolo numerico (interesse semplice) e una limitata consapevolezza del funzionamento del sistema di capitalizzazione degli interessi.

 

L’indagine italiana ha introdotto alcune rilevazioni aggiuntive rispetto allo standard dell’OCSE, come la familiarità con gli strumenti finanziari e la capacità di pianificazione previdenziale. Questi sono stati misurati con un secondo parametro, lndice Globale di Competenza Finanziaria – IGCF2, che include anche l’Indice di familiarità con i prodotti finanziari e l’Indice di pianificazione previdenziale. Questo secondo indicatore tiene conto delle peculiarità del contesto nazionale, per esempio la necessità di misurare la propensione alla pianificazione pensionistica dei cittadini che, a seguito della riforma del sistema previdenziale introdotta da Elsa Fornero nel 2011, dovranno essere autonomi nel garantirsi un adeguato benessere economico futuro. L’Indice Globale di Competenza Finanziaria – IGCF2 (compreso tra 5,7 e 49,3), presenta un valore medio pari a 30,9 che equivale in termini scolastici al voto di 6-.

Uno degli aspetti innovativi degli indicatori è la possibilità di facilitare il confronto con le realtà estere e presentare una comparazione tra i risultati dell’indagine OCSE svolta tra il 2010 e il 2011 con i risultati raccolti in Italia nel 2013.  Se nella maggior parte dei Paesi considerati l’effetto dell’inflazione sul valore del denaro è correttamente percepito da oltre metà della popolazione, già il calcolo dell’interesse semplice riduce la percentuale di popolazione che applica la formula matematica e questa riduzione risulta drastica quando si chiede di applicare correttamente sia il calcolo dell’interesse semplice sia quello dell’interesse composto. L’Italia non fa eccezione: il 63% degli intervistati è a conoscenza del meccanismo inflattivo, ma solo il 33% calcola correttamente gli interessi maturati in un anno.

Per quanto riguarda i comportamenti (Financial behaviour), le scelte di gestione denotano una certa oculatezza e attenzione alla capacità di spesa personale nei Paesi oggetto dell’indagine OCSE: in media, oltre il 50% degli intervistati considera attentamente il costo per l’acquisto di un bene o di un servizio e rispetta le scadenze pattuite per i pagamenti. Le percentuali per l’Italia, tuttavia, sono decisamente più elevate, rispettivamente pari all’83% e al 78%. Meno virtuosi appaiono invece i comportamenti nel monitoraggio continuo e attento degli affari finanziari personali: solo in Perù oltre i due terzi delle persone denota un atteggiamento vigile, mentre nei rimanenti Paesi esaminati tale attenzione oscilla tra il 36% dell’Albania e il 65% di Armenia e Regno Unito, percentuale quest’ultima abbastanza prossima a quella registrata in Italia (62%).

La limitata visione temporale trova conferma nella sostanziale incapacità di porsi obiettivi finanziari a scadenza protratta e nell’impegno assunto per poterli perseguire: in questo caso, anche i Paesi più virtuosi fanno registrare percentuali decisamente inferiori. L’Italia conferma questo trend: se oltre l’80% della popolazione considera attentamente l’impegno finanziario in relazione alla propria capacità di spesa, meno di un terzo (il 30%) è capace di porsi obiettivi finanziari a lungo termine e di impegnarsi per poterli raggiungere.

 

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