26 Aprile 2024, venerdì
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La sospensione del processo non influisce sul procedimento di mediazione

l Tribunale di Verona, con una recentissima ordinanza del 27 gennaio 2014, è intervenuto sull’interessante questione concernente il rapporto tra il procedimento giudiziario e quello di mediazione, nella fattispecie delegata, come derivante dalla modifica normativa del d.lgs. n. 28 del 2010 avvenuta con il d.l. n. 69 del 2013 (c.d. decreto del fare), convertito dalla legge 98/2013.

In particolare, il giudice veneto si è occupato dei possibili effetti della sospensione del processo sul procedimento di mediazione ed ha fornito una prima “lettura” all’interpretazione del criterio territoriale indicato dal legislatore, nel riformato art. 4 d.lgs. n. 28 del 2010, per individuare l’organismo di mediazione competente.

 

Nel caso de quo si è in presenza di una controversia di mero accertamento finalizzata ad ottenere un provvedimento in cui si dichiari l’insussistenza di qualsiasi credito, derivante da prestazioni professionali giudiziali e stragiudiziali, del convenuto nei confronti dell’attore. Invero, il convenuto ha sollevato eccezione di continenza, ex art. 39 c.p.c., ritenendo che il predetto istituto si realizzi tra la causa pendente davanti al giudice veneto e quella promossa davanti al Tribunale di Reggio Emilia, quest’ultima introdotta nelle forme del rito sommario di cognizione ma convertita dal giudice ex art. 702 ter c.p.c. La controversia pendente dinanzi al giudicante emiliano è finalizzata ad ottenere, invece, la condanna del convenuto al pagamento del compenso dovuto per le prestazioni professionali giudiziali e stragiudiziali svolte dall’attore.

 

Data anche la diversità di tutela richiesta (nella pronuncia in commento di mero accertamento negativo ed in quella emiliana di condanna), i ruoli processuali risultano essere capovolti rispetto al giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Verona. Infatti, il convenuto nel procedimento giudiziario in analisi è parte attrice davanti al tribunale emiliano e, viceversa, l’odierno attore riveste in quel giudizio la veste processuale di convenuto.

 

A sostegno della propria eccezione di continenza, il convenuto richiama la circostanza per cui il Tribunale di Reggio Emilia ha rigettato l’eccezione di incompetenza proposta dall’odierno attore (convenuto in quel giudizio), il quale ha già preannunciato di proporre regolamento di competenza che, com’è noto, sospende il processo di merito ex art. 48 c.p.c.

 

Invero, l’attento giudicante veronese sottolinea che la sospensione del giudizio pendente dinanzi al collega emiliano, derivante dall’eventuale proposizione del regolamento di competenza, non produce alcun effetto giuridico nel giudizio proposto davanti al Tribunale di Verona dal momento che quest’ultimo è, e resta, un giudizio distinto e separato da quello emiliano almeno fino a quando il giudice veronese non si pronunci sull’eccezione di continenza sollevata dalla parte convenuta ex art. 39 comma 2 c.p.c.

 

Ricostruita la fattispecie concreta nei termini suesposti, il giudice veronese dispone, ai sensi dell’art. 5 comma 2 d.lgs. n. 28 del 2010, il procedimento di mediazione delegata ritenendo, correttamente, applicabile tale istituto anche nei giudizi pendenti prima dell’entrata in vigore del decreto del fare, data l’assenza di previsioni normative che facciano quantomeno supporre il contrario . Con dovizia di particolari, il giudice veneto indica le circostanze che giustificano il ricorso allo strumento della mediazione delegata valutando, così come richiesto dall’art. 5 comma 2 d.lgs. 28/2010, la “natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti”.

 

Il tribunale veronese evidenzia, correttamente, che l’eventuale sospensione del procedimento giudiziario in cui si inserisca il procedimento di mediazione delegata non comporta la sospensione di quest’ultimo. La procedura di mediazione, seppur delegata, ha una propria autonomia rispetto alla controversia giudiziaria tanto nelle regole procedimentali quanto nelle finalità. Infatti, il procedimento di mediazione è caratterizzato da finalità esclusivamente conciliative tanto da non risentire delle sorti del procedimento giudiziario. Emblematica, al riguardo, per il giudice veronese è la disposizione, contenuta nel comma 2 dell’art. 6 d.lgs. 28/2010, per la quale il termine entro cui svolgere il procedimento di mediazione non è soggetto a sospensione feriale.

 

Particolarmente interessante, anche perché si tratta di una delle prime applicazioni pretorie della nuova disciplina, è il ragionamento svolto dal giudice veronese con riferimento all’individuazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente a conoscere sulla questione. Il legislatore del 2013 ha introdotto, nell’art. 4 del d.lgs. 28/2010, un criterio territoriale determinativo della competenza dell’organismo di mediazione prevedendo che la domanda di mediazione debba essere proposta presso “un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”.

 

Tuttavia, i conditores del 2013 hanno omesso di stabilire se si tratti di competenza territoriale derogabile o inderogabile e quali siano le eventuali sanzioni o conseguenze processuali in caso di proposizione della domanda di mediazione davanti ad un organismo territorialmente incompetente. Il ministero della giustizia, tentando di chiarire la portata applicativa del novellato articolo 4, ha precisato, nella circolare del 27 novembre 2013, che un procedimento di mediazione si ritiene correttamente istaurato quando l’organismo adito abbia, nel circondario del tribunale territorialmente competente a conoscere della controversia, almeno una sede secondaria regolarmente iscritta presso il dicastero della giustizia.

 

È opportuno evidenziare che, alla luce delle nuove regole sulla competenza territoriale in materia di mediazione, viene superato quell’orientamento dottrinale, formatosi prima della novella del 2013 e richiamato anche nella pronuncia in commento, che, autorevolmente e nel silenzio della legge, individuava l’organismo di mediazione territorialmente competente sulla base del criterio dell'”attrazione”, mutuato dal meccanismo processuale valido per la determinazione della competenza in materia cautelare ex art. 669 quater c.p.c. Inoltre, il giudice veronese, facendo proprio il dato normativo risultante sia dal testo di legge sia dalla circolare ministeriale, sottolinea correttamente che, ai fini dell’individuazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente, non rilevano assolutamente eventi processuali come la litispendenza e la continenza.

 

In conclusione, rappresentando una delle primissime applicazioni giurisprudenziali della novellata disciplina sulla mediazione, l’ordinanza in commento assume ampia rilevanza nel panorama processualcivilistico e si caratterizza per un’analisi attenta e critica di diversi aspetti inerenti il rapporto tra il procedimento giudiziario e quello di mediazione, nella specie delegata. Il Tribunale di Verona ha, infatti, affrontato con rigore metodologico ed esemplare correttezza motivazionale diverse questioni “scottanti ed attuali” in tema di mediazione: dall’influenza della sospensione del procedimento giudiziario su quello di mediazione alla determinazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente.

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