26 Aprile 2024, venerdì
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Affitti in nero, tutto da rifare: sanzioni incostituzionali

Le sanzioni previste per gli affitti in nero sono incostituzionali e quindi l’amministrazione non potrà più sostituirsi nei contratti stabilendone durata e canone, nel caso di omessa o irregolare registrazione.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 50 del 14 marzo 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle previsioni contenute nei commi 8 e 9 dell’articolo 3 del Dlgs 23/2011 (decreto che ha introdotto la cd cedolare secca).

Le norme in questione introducevano delle “sanzioni” da applicare ai casi di affitti in nero.

Cosa prevedeva la norma abrogata
In particolare il comma 8 modificava di fatto gli accordi contrattualmente concordati tra le parti. Ed infatti, era previsto che per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo i quali, ricorrendone i presupposti, non erano registrati entro il termine stabilito dalla legge,

a) la durata fosse stabilita in 4 anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio, rinnovabili di altri 4, salvo deroghe previste per legge;

b) dalla registrazione, il canone annuo di locazione fosse pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, del 75% dell’Istat.

Il comma 9 poi disponeva che la nullità del contratto di locazione non registrato, si applicasse sia quando nel documento registrato era stato indicato un importo inferiore a quello effettivo e sia quando era stato registrato un comodato fittizio.

L’eccesso di delega
Ben 6 Tribunali hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale, rilevando, tra gli altri, innanzitutto un difetto di delega, oltre che la violazione dello Statuto del contribuente.
La Consulta ha ritenuto fondata la questione proposta sotto il profilo del difetto di delega, fornendo in proposito alcune importanti precisazioni.
Con il Dlgs 23/2011 è stata data attuazione alla Legge delega in materia di federalismo fiscale (n. 42/2009).

Tuttavia, la citata legge delega aveva il dichiarato fine di assicurare, attraverso la definizione di principi fondamentali, l’autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni, nonché armonizzare i sistemi contabili e di bilancio dei medesimi enti.
Il legislatore delegato doveva, pertanto, introdurre disposizioni che costituiscono un coerente sviluppo e un completamento delle indicazioni fornite dal legislatore delegante, nel rigoroso ambito dei “confini” stabiliti.

Nella specie, invece, le disposizioni sanzionatorie prima richiamate per le locazioni irregolari (di cui all’art. 3), erano destinate ad introdurre una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione ad uso abitativo (canone e durata) in ipotesi di ritardata registrazione del contratto o di simulazione oggettiva, espressamente sanzionate nella disciplina tributaria.
Si tratta dunque di un ambito normativo del tutto estraneo alla delega di riferimento.

La violazione dello Statuto del contribuente
A ciò si aggiunga che il legislatore delegante, aveva espressamente prescritto di procedere all’esercizio della delega nel rispetto dei principi dello Statuto del contribuente.
L’articolo 10 della legge 212/2000 stabilisce che le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto. Tuttavia secondo le previsioni della norma oggetto di censura, anche solo il ritardo nella registrazione, avrebbe comportato addirittura una novazione del contratto stesso, quanto a canone e durata.
Per quanto concerne poi “la sostituzione contrattuale dell’amministrazione”, operando in via automatica, violava anche le previsioni dell’art. 6 dello Statuto, in quanto non rispettava gli obblighi di informazione del contribuente.

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