D’ora in avanti gli uffici dell’Agenzia delle entrate dovranno essere tempestivi in sede di ispezione. È infatti nullo l’accertamento quando il fisco non ha emesso l’atto entro sessanta giorni anche se l’ispezione si è protratta oltre il termine. Inutile per l’amministrazione sostenere di aver avuto bisogno di più giorni, dovrebbe provare l’assoluta impossibilità di concludere per tempo le operazioni di verifica. Il monito arriva con una importante sentenza dalla Corte di cassazione, n. 3142 del 12 febbraio 2014, con la quale è stato respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate. In altri termini l’ufficio dovrebbe dimostrare di aver tardato perché la sua attività è stata in qualche modo ostacolata dal contribuente o da circostanze contingenti. In tutti gli casi l’amministrazione dev’essere tempestiva. Piazza Cavour consacra questi concetti in un ben preciso principio di diritto secondo cui «qualora, per contrastare la eccezione di nullità dell’avviso per violazione del termine di cui all’art. 12co7 legge n. 212/2000, formulata con i motivi di ricorso da contribuente, la Amministrazione finanziaria alleghi, quale fatto di particolare e motivata urgenza, di non aver potuto rispettare il termine dilatorio indicato, essendosi chiuse le operazioni di verifica in data successiva al sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento della imposta, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di adempimento all’obbligo ex lege e dunque grava sull’Amministrazione finanziaria, in conformità al principio di vicinanza del fatto da provare, l’onere di dimostrare che la imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere all’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte a essa non imputabili a titolo di incuria, negligenza od inefficienza».