La decisione del Tribunale Costituzionale tedesco del 7 febbraio sulla legittimità dell’Omt, il programma di cosiddetto acquisto illimitato di titoli di Stato di paesi dell’eurozona in difficoltà finanziarie, e subordinato a “stretta condizionalità”, che la Banca centrale europea (Bce) aveva approvato il 6 settembre 2012, interviene a distanza di un anno e mezzo dal deposito del ricorso promosso da un gruppo di deputati e professori tedeschi euroscettici.
La questione consisteva nell’accertare se l’Omt invadesse le competenze in materia di politica economica degli stati membri e violasse il divieto di finanziamento monetario degli stati posto in capo alla Bce, in contrasto con lo statuto della Bce e con l’art. 123 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), che vieta alla banca centrale il finanziamento sul mercato primario.
Compatibilità Omt
A giudizio di sei membri su otto, il programma di acquisto di titoli di Stato violerebbe le prerogative degli stati membri in materia di politica economica, prescrivendo che, per ogni acquisto di bond, lo Stato in questione debba attuare determinate riforme strutturali (“stretta condizionalità”).
In secondo luogo, il programma avrebbe l’effetto di aggirare il divieto di finanziamento monetario degli stati membri (art. 123 Tfue), dal momento che, acquistando sul mercato secondario i titoli di Stato dei paesi in difficoltà, la Bce incentiverebbe anche l’acquisto di bond sul mercato primario da parte degli investitori.
Queste sarebbero le “importanti ragioni per presumere”, si legge nella decisione, che il programma di acquisti obbligazionari “ecceda il mandato di politica monetaria della Bce, violando i poteri degli stati sovrani e il divieto di monetizzazione del debito pubblico”.
Ciononostante, i giudici della corte di Karlsruhe non sono andati fino in fondo. Essi hanno infatti sollevato, non senza aver ipotizzato un’interpretazione dell’Omt conforme al diritto dell’Unione (§§ 99-100), un rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue), che dovrà dunque pronunciarsi sulla compatibilità del programma con il diritto primario dell’Unione.
Ultra vires
In termini giuridici la decisione si presta a un classico commento in chiaroscuro. Da una parte vi traspare la netta convinzione dell’illegittimità del programma Omt. La quale – se si basa sulla tesi che esso sia ultra vires rispetto al mandato della Bce – riflette l’indirizzo giurisprudenziale avviato dalla sentenza Lissabon Urteil e fortemente consolidatosi con le sentenze emesse fra il 2011 e il 2012 sugli aiuti alla Grecia, sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e sul Fiscal compact.
Muovendo da un’intransigente difesa della sovranità del popolo tedesco, questo indirizzo giurisprudenziale ha imposto una previa delibera del Bundestag su qualsiasi decisione dell’Unione economica e monetaria o del Mes relativa al salvataggio finanziario di paesi dell’eurozona.
Questo indirizzo contrasta peraltro nella specie con la netta affermazione del Maastricht Urteil del 1993, secondo cui “le facoltà del Bundestag e quindi degli elettori di influire sull’esercizio dei poteri sovrani da parte degli organi europei sono (….) quasi integralmente ridotte, nella misura in cui la Bce è configurata come Banca indipendente nei confronti della Comunità europea e degli stati membri”, trattandosi di “garantire la fiducia nella convertibilità di una moneta” che può essere assicurata “meglio da una banca centrale indipendente che non da organi pubblici che dipendono nelle loro possibilità di azione e nei mezzi essenzialmente dal volume e dal valore del denaro, nonché da un consenso limitato nel tempo da parte delle forze politiche”.
Europa sovranazionale
Dall’altra parte, la decisione di rinviare la questione alla Corte del Lussemburgo costituisce indubbiamente una svolta a favore della concezione sovranazionale dell’Unione europea, se solo si tiene conto che, fra le corti costituzionali degli stati membri, il Tribunale tedesco era rimasto il solo a rifiutare ancora di esperire il rimedio del rinvio pregiudiziale.
Le ragioni di questa scelta sono state a mio giudizio sia giuridiche che politiche. Sul primo piano, la questione coinvolgeva solo in via subordinata il diritto costituzionale nazionale, al punto che lo stesso ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble aveva messo in dubbio la competenza del Tribunale di Karlsruhe a esprimersi su una materia quasi esclusivamente di diritto europeo.
In termini politico-effettuali, deve essere poi risultato forte il timore che l’accoglimento del ricorso avrebbe creato scompiglio sui mercati finanziari e, conseguentemente, nella stessa Unione, in una fase di grande precarietà e alla vigilia di elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo dall’esito quanto mai incerto per il suo stesso futuro.
Tuttavia la partita con la Corte del Lussemburgo è più che mai in corso. Le motivazioni che accompagnano il rinvio pregiudiziale sono infatti tutt’altro che rassicuranti per la Corte di giustizia, che viene così stretta tra due fuochi. La scelta dei tempi si rivelerà ancora una volta di estrema importanza.