23 Aprile 2024, martedì
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I grillini “assaltano” il Parlamento E sui social media c’è chi perde la testa

C’è chi dice che i toni della protesta del Movimento 5 Stelle siano un suicidio politico, perché troppo esasperati e in grado di spaventare l’elettorato. C’è chi invece butta un occhio sui social media e intravede dietro quei toni un’abile strategia in vista delle elezioni Europee. Su Twitter già da mercoledì sera gli onorevoli Di Battista, Di Maio, Di Vita, Tofalo non usavano mezzi termini per descrivere quel che succedeva: «fascisti!», «è una dittatura», «ora sarà guerra!». L’onorevole Corsaro di Fratelli d’Italia arrivava a rimpiangere i tempi in cui «per i traditori della Patria c’era la fucilazione alla schiena».

 

Toni parossistici che raccoglievano molte critiche, ma forse più ancora adesioni di stima. «Cosa aspettiamo a fare la rivolta?» chiedeva un seguace alla grillina Di Vita (Flaiano avrebbe risposto che «a causa del cattivo tempo è stata rinviata a data da destinarsi»). Al centro della protesta generalizzata non solo il merito del discusso decreto Imu-Bankitalia, ma, come sempre, l’odiata casta. Cui ormai appartengono non solo i politici, ma anche i giornalisti e chi vota per i partiti avversi (o chi è sospettato di farlo). Molto criticato il presidente della Repubblica, anche se, per dire, nel blog di Grillo qualcuno avanzava anche dubbi sulla richiesta di impeachment: «Si possono e si debbono fare mille critiche a Napolitano e chiederne le dimissioni. Ma l’impeachment non sta in piedi».

 

Ai giornalisti che facevano notare che le dittature sono un’altra cosa la risposta arrivava puntuale, fotocopiata: «Siete morti. Toglieremo il finanziamento ai giornali e chiuderete tutti», anche se, come è noto, solo alcuni giornali ricevono il finanziamento per l’editoria. Ma tant’è. La protesta s’è mescolata con dosi massicce di insofferenza.

 

È stato un fiume in piena. Nel mirino è finita anche la presunta reticenza «dei media» nel denunciare la manata dell’onorevole Dambruoso sul volto della deputata Lupo. Non serve a nulla spiegare che tutto invece era spiegato e denunciato con tanto di foto in pagina: «Siete complici, nessun media ne ha parlato».

I commenti restano divisi in due: chi denuncia la violenta protesta, chi la violenta repressione (ovviamente la discussione è a sua volta violenta). «Nemici» sul web. È la messa in atto di quella «guerra civile fredda» di cui si parla da qualche anno e che sembra prendere forma nei commenti di violenza pura, di perdita di ogni senno. L’impressione è che più d’uno voglia andare all’incasso e rappresentare questo tipo di protesta.

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