18 Aprile 2024, giovedì
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Indulto, unica soluzione

L’indulto è un provvedimento di carattere generale – espressione di un potere di clemenza – che opera esclusivamente sulla pena principale condonandola totalmente o parzialmente oppure trasformandola in una di specie diversa.

Sebbene nessun limite oggettivo sia previsto per la applicabilità di tale istituto, la legge di concessione può prevedere – e spesso accade – che determinati reati restino esclusi dall’indulto. Viene concesso con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera e copre i reati commessi fino al giorno antecedente la presentazione del relativo disegno di legge.

Sul tema era già intervenuto l’ex giudice della Corte Europea dei Diritti dell’uomo Vladimiro Zagrebelsky il quale, durante il convegno “La clemenza necessaria” tenutosi a Roma lo scorso 4 dicembre, pur insistendo sulla assoluta necessità dell’indulto, «unica misura capace di ottemperare alle raccomandazioni di Strasburgo» non mancava, tuttavia, di sottolineare come «se il Parlamento adottasse finalmente la via dell`indulto – non perché in sé sia buona cosa, ma perché occorre eliminare la violazione massiccia di un diritto fondamentale e assoluto delle persone detenute – si aprirebbe naturalmente la discussione sulla portata dello sconto di pena.: occorrerebbe decidere per quali reati, quanto grande lo sconto debba essere, se esso sia cumulabile con altri indulti eventualmente già goduti dal singolo condannato, ecc. Se, come è evidente, lo scopo dell`indulto è quello di reagire al sovraffollamento carcerario, esso dovrebbe riguardare solo la pena detentiva e i reati per cui effettivamente vi sono grandi numeri di detenuti».

Oggi, il primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, ha inaugurato l’anno giudiziario con la sua “Relazione sull’Amministrazione della Giustizia nell’anno 2013”.

Nella parte relativa allo stato di salute della Giustizia Penale, un ricco preludio è giustamente dedicato alle condizioni drammatiche di vita nel nostro sistema carcerario. Dentro le sbarre, scrive Santacroce, persiste “una gravissima e perdurante umiliazione della dignità umana”. Spazi progettati per la vita aggregativa di 45.000 detenuti sono sovrappopolati da almeno ulteriori 18.000 anime.

La questione numerica parla da sé, e lo fa in modo fin troppo eloquente. L’alto magistrato lega il suo personale appello al Messaggio alle Camere del Capo dello Stato ,Giorgio Napolitano, dell’8 ottobre. Quel messaggio, scrive Santacroce, è una “sollecitazione che chiama direttamente in causa tutti i magistrati…nel concreto esercizio del potere cautelare”. E’ come dire: tutti facciano la loro parte, perché una tale inciviltà cessi e in fretta!

Dopo il passaggio in rassegna dei nuovi interventi del legislatore (l.94/2013 e DL 146/2013 , quest’ultimo in fase di conversione) e con qualche accenno alle tante proposte sul tappeto al fine di rivedere i criteri di applicazione delle misure cautelari massimamente afflittive, il primo presidente torna alla logica spietata dei numeri; proprio quei numeri che fanno pendere sull’Italia la spada di Damocle costituita dalla nota sentenza Cedu Torreggiani c.Italia del 2013. La “dead line” è ormai drammaticamente in vista. Il 28 maggio 2014 la vulnerabilità nazionale agli effetti della condanna della Corte di Strasburgo sarà totale, senza più alcuno scudo.

Ed è per questo che cure palliative che pianificano il recupero di 2 o 3 mila posti possono andare bene con un sistema a regime d’organico normalizzato, ma finiscono per apparire quasi insignificanti davanti a un quadro allarmante nel quale la misura del sovradimensionamento è di un terzo del totale.

“Non c’è altra via che l’indulto!”, ammonisce Santacroce. Non esiste alternativa tecnica per scongiurare una pena “inumana e degradante”, quindi contraria al dettato stesso della Costituzione.

La riforma strutturale dell’edilizia penitenziaria non offre soluzioni immediate. Nemmeno la pur doverosa riscrittura del sistema applicativo delle misure cautelari può costituire la soluzione urgente e risolutiva.

Solo l’indulto, conclude Santacroce, può risolvere il dramma in essere. Perché non si tratta di liberare “chi merita di essere liberato, ma si scarcera hic et nunc chi non merita di stare in carcere ed essere trattato in modo inumano..”

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