24 Aprile 2024, mercoledì
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Ai figli il cognome materno

È un diritto dei genitori decidere di dare ai propri figli il solo cognome materno: se la regola prevede, infatti, che s’impartisca quello paterno, «l’inesistenza di una deroga» si rivela «discriminatoria verso le donne». A scrivere un nuovo (rivoluzionario) capitolo nel diritto di famiglia è la Corte europea dei diritti umani che, con la sentenza emessa ieri, ha condannato l’Italia per aver negato ad una coppia la possibilità di attribuire ad una bambina il cognome della madre, invece di quello del padre; nel pronunciamento dell’organismo comunitario, che diventerà definitivo fra tre mesi, i giudici puntualizzano come il nostro paese sia adesso tenuto ad «adottare riforme» legislative, o di altra natura, per rimediare alla violazione riscontrata.
La vicenda prende le mosse quando i coniugi milanesi Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, cui lo stato italiano aveva impedito di registrare all’anagrafe la figlia Maddalena, che era venuta alla luce il 26 aprile 1999, con il cognome della mamma, avviano un iter giudiziario per veder riconosciuto il diritto di scelta, portando la circostanza dinanzi alla Corte di Strasburgo; nelle loro intenzioni, consentire alla propria prole di chiamarsi Cusan sarebbe stata l’occasione fondamentale per perpetuare il patrimonio morale del nonno materno, ritenuto un filantropo (che è deceduto nel 2011) del quale, con la scomparsa, sarebbe rimasta cancellata la memoria, giacché il fratello della donna non ha eredi. Bocciata la prima richiesta, due anni dopo fu il tribunale di Milano a emettere un verdetto facendo notare che, sebbene non vi sia alcuna disposizione giuridica, affinché ad un neonato venga assegnato lo steso cognome del padre, tale regola corrisponde, però, ormai ad un principio ben radicato nella coscienza sociale e nella storia della nostra penisola; in seguito, alla fine del processo d’appello, venne confermata la sentenza di primo grado.

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