20 Aprile 2024, sabato
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Rincari Tasi e conto mini-Imu. Detrazioni (66 euro contro 200), e caro-aliquote

Rincari Tasi e conto mini-Imu. Detrazioni (66 euro contro 200), e caro-aliquote. Il pasticcio Imu, con la coda del conguaglio di gennaio e con l’ultimo innalzamento programmato dell’aliquota Tasi al 3,5 per mille, “non succederà più” ha promesso il ministro dell’Economia Saccomanni. Nel frattempo bisogna prepararsi e restare costantemente aggiornati sulle scelte dei Sindaci (i manovratori delle aliquote) e sull’azione dei legislatori (bisogna attendere o che il Parlamento approvi un emendamento al primo dei provvedimenti utili in votazione, dl Imu-salva Roma e milleproroghe il 27 dicembre, o che il governo faccia un decreto ad hoc). Sulla Tasi, l’orientamento è quello di varare un doppio aumento per consentire le detrazioni ai Comuni: appunto l’innalzamento del tetto prima casa al 3,5 per mille, e il contestuale aumento di quello sulle seconde case all’11,6 per mille (comprensivo di Imu).
Detrazioni che fatalmente coprono meno le esigenze di appartamenti modesti ma non esenti da Imu e famiglie numerose: se i Sindaci, dove l’aumento aliquote è più alto, useranno le risorse per esentare i più bisognosi la quota Tasi per gli altri rischia di crescere inevitabilmente superando la vecchia Imu. La scadenza del 24 gennaio chiuderà la vicenda Imu 2013 con il versamento della quota conguaglio della seconda rata abolita nei Comuni dove l’aliquota prima casa sia cresciuta rispetto al tetto del 4 per mille (nei Comuni dove è giunta al 5 o al 6 per mille).

Mini Imu 24 gennaio. Occorre verificare se l’aliquota nel proprio Comune è ancora al 4 per mille o è stata aumentata. Sopra il 4 per mille bisogna prendere la calcolatrice per calcolare il 40% della differenza rispetto alla vecchia aliquota: bisogna determinare l’Imu teoricamente dovuta con l’aliquota decisa dal Comune, applicando l’aliquota stessa alla rendita catastale moltiplicata per 168, e sottraendo la detrazione di 200 euro. Poi si ripete l’operazione ma applicando il valore standard del 4 per mille. L’importo dovuto è il 40 per cento della differenza tra questi due valori.
Nelle città dove l’aliquota è massima, 6 per mille, la mini-Imu dovuta sarà di 67 euro se l’abitazione ha una rendita di 500 metri quadrati, di 134 con 1.000 di rendita, di 269 con 2.000. Insomma si potrà arrivare intorno ai 300 euro per un’abitazione di pregio, con rendita sopra i 2.000 euro. Nelle città dove l’aliquota è al 5 per mille, come ad esempio Roma, Bologna e Verona, gli importi sono pari alla metà di quanto calcolato prima nel caso di aliquota al 6 per mille.
Tasi al 3,5 per mille. Quanto vale la detrazione. Ai sindaci si darebbe la possibilità di aumentare dell’1 per mille l’aliquota fissata dalla legge di stabilità al 2,5 per mille, trasferendo le risorse ottenute alle detrazioni a favore delle famiglie numerose o in condizioni svantaggiate. In questo modo i Comuni otterrebbero più o meno la cifra pari a 1,5 miliardi richiesta dal presidente dell’Anci, Piero Fassino, e quantificata anche dal ministro degli Affari Regionali, Graziano Delrio, in 1,3 miliardi, 800 milioni in più rispetto ai 500 milioni già stanziati dalla legge di stabilità. Secondo i calcoli della Cgia anche in questo modo si correrebbe però il rischio di nuovi rincari rispetto al 2012.
Nelle simulazioni effettuate dagli artigiani di Mestre, il probabile aumento delle detrazioni fino a 1,3 miliardi di euro consentirà uno sconto medio su tutte le prime abitazioni pari a 66 euro, contro i 200 euro – ai quali si aggiungevano altri 50 euro per ogni figlio – concessi dall’Imu. Per un nucleo con tre figli e una abitazione civile di tipo A2 (con rendita catastale di 620 euro circa), già con un’aliquota al 2 per mille subirà un aumento di 29 euro. Nell’ipotesi che l’aliquota salga al 3,5 per mille, l’aggravio, rispetto a quando si pagava l’Imu, sarà, di 186 euro. Le cose andranno addirittura peggio per le famiglie proprietarie di abitazioni civili A3 (cioè di minor pregio). Già con l’aliquota all’1,5 per mille, il rincaro sarà di 40 euro. Se, poi, il Comune deciderà di alzarla al 3,5 per mille, l’aggravio sarà di 182 euro.

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