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Sopraelevazione e rischio sismico: l’opera va demolita se non è conforme alla legislazione speciale

In caso di sopraelevazione occorre provare l’idoneità antisismica non solo della nuova fabbrica ma dell’intero edificio sottostante; in assenza di tale prova non può sorgere il diritto del condomino di sopraelevare.

Nel caso di specie la Suprema Corte, con sentenza del 15 novembre 2013, n. 25766, ha confermando un indirizzo interpretativo pressoché costante, affermando che «la fonte del diritto del condomino di sopraelevare va ricercata […] nella norma codicistica interpretata in collegamento con le speciali prescrizioni antisismiche, per cui tale diritto sorge solo nel momento in cui la stabilità strutturale dell’edificio in condizioni di quiete lo consente o, nelle zone sottoposte a rischio sismico, solo nel momento in cui la struttura del fabbricato è adeguata al grado di sismicità della zona e, perciò è pronta a sopportare la sopraelevazione. Con la conseguenza che la domanda di demolizione può essere paralizzata solo dalla prova che non solo la sopraelevazione ma anche la struttura sottostante è adeguata a fronteggiare il rischio sismico».
Il fatto. I proprietari di una costruzione realizzata sul lastrico di copertura di un immobile, dopo la sentenza favorevole del Tribunale, soccombevano in appello e si vedevano ordinare la demolizione della sopraelevazione medesima. Lamentando l’assenza di una concreta lesione o di un pericolo attuale, o di un pregiudizio alla stabilità dell’edificio, come asserivano esser stato accertato dall’indagine del C.T.U., ricorrevano allora in cassazione. I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso e confermato l’ordine di demolizione della sopraelevazione disposto dalla Corte d’appello; ne hanno infatti accolto la valutazione secondo la quale «agli atti non [erano stati] acquisiti elementi sufficienti che potessero seriamente e scientificamente dimostrare la sicurezza antisismica della sopraelevazione e dell’edificio sottostante».
In realtà, il fabbricato si trovava in un cattivo stato di manutenzione, ed era questa la vera causa della domanda di danni lamentati dall’originario attore in primo grado; tuttavia, la questione rilevante ai fini del caso di specie era che l’immobile in questione non era mai stato adeguato alle prescrizioni di cui alla normativa antisismica, né la sopraelevazione risultava conforme alla legislazione speciale. Inoltre, i proprietari della sopraelevazione non avevano presentato alcuna progettazione volta ad adeguare a dette prescrizioni l’immobile o la nuova opera, e non avevano fatto neppure eseguire una valutazione della struttura complessiva e delle fondazioni del fabbricato. Il C.T.U., d’altro canto, si era limitato a prendere visione dall’esterno del fabbricato e della sopraelevazione, senza poter procedere ad un esame più approfondito e ad una verifica statica più complessa. «Ciò che conta – ad avviso dei giudici – è che l’edificio sia dotato di un sufficiente coefficiente di resistenza per fronteggiare, da ogni direzione, tutti gli eventi che prevedibilmente possano interessare quella determinata zona territoriale, dotazione da dimostrarsi in concreto con tutte le verifiche che la legge impone inderogabilmente in queste situazioni»: ma dell’idoneità antisismica della struttura era mancata la prova.
Il limite al diritto di sopraelevazione: la minaccia alla sicurezza e alla stabilità dell’edificio. La previsione dell’art. 1127, comma 2, c.c., secondo cui «La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono», pone un divieto che, a differenza dei limiti dettati dal successivo comma 3 (pregiudizio dell’aspetto architettonico dell’edificio e notevole diminuzione dell’aria e della luce ai piani sottostanti), i quali presuppongono l’opposizione facoltativa dei singoli condomini interessati, deve considerarsi assoluto: la giurisprudenza manifesta infatti un atteggiamento rigoroso laddove riconosce che il limite in questione può essere superato solo con il consenso unanime dei condomini che autorizzano il proprietario che procede alla sopraelevazione ad eseguire contestualmente le opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere l’edificio idoneo a sopportare il peso della nuova costruzione (Cass. civ., 27 marzo 1996, n. 2708; 26 maggio 1986 n. 3532). Al riguardo si è infatti specificamente rilevato che «l’art. 1127, comma 2, c.c. ha carattere innovativo rispetto al corrispondente art. 12 del R.D.L. 15 gennaio 1934, n. 56 [che, si rammenta, disponeva che il titolare del diritto di sopraelevare doveva accertare se le condizioni statiche dell’edificio consentissero la nuova edificazione e facevano onere al titolare del diritto di sopraelevazione di realizzare preliminarmente “le opere di consolidamento (eventualmente) necessarie a sostenere il peso della nuova fabbrica”], ed inibisce al proprietario dell’ultimo piano di soprelevare se le condizioni statiche in atto dell’edificio siano sfavorevoli e se, pertanto, la soprelevazione richieda opere di rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali» (Cass. civ., 10 novembre 1970 n. 2333; 19 novembre 1963, n. 2996). Pertanto, come chiariscono i giudici di legittimità, nel disposto della norma codicistica «le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un ostacolo al sorgere ed all’esistenza stessa del diritto di soprelevazione e non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio di tale diritto» (Cass. civ., 30 novembre 2012, n. 21491; già in Cass. civ., 8 aprile 1975 n. 1277; Cass. civ., 9 luglio 1973 n. 1981).
La presunzione di pericolosità della sopraelevazione. Sempre la Cassazione, con una precedete sentenza la n. 21491 del 2012, (cit.) afferma che «il limite delle condizioni statiche si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione»: in sostanza, perché il giudice disponga la demolizione di un fabbricato costruito sopra l’ultimo piano di un edificio, non occorre che la sopraelevazione comporti un rischio concreto alla stabilità dell’immobile; è sufficiente che la nuova opera appaia come potenzialmente lesiva. Nel caso di specie, si trattava della realizzazione di un sottotetto diviso in otto vani, dotato di impianto elettrico, idraulico e di riscaldamento e strutturato in modo da prestarsi alla permanenza di persone – con evidente maggior carico e pregiudizio per la staticità dell’edificio: i giudici di legittimità non hanno attribuito alcun rilievo alla circostanza che il sottotetto non fosse stato ancora effettivamente utilizzato a fini abitativi; hanno invece chiarito che «agli effetti dell’art. 1127 comma 2 c.c., non è richiesto l’accertamento di un danno arrecato in concreto dalla sopraelevazione, ma è sufficiente che questa possa costituire un potenziale pregiudizio per le condizioni statiche dell’edificio».
Nella sentenza in commento si attribuisce una portata ancora più ampia al divieto di cui all’art. 1127, comma 2, c.c., dal momento che esso viene interpretato «nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica». Da tale assunto deriva un’ulteriore conseguenza: «se le leggi antisismiche prescrivono particolari cautele tecniche da adottarsi nella soprelevazione di edifici, di esse si deve tenere conto al fine di accertare o escludere il diritto del proprietario».
Il diritto del singolo condomino a sopraelevare andrà quindi contemperato con la legislazione speciale dettata dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), poiché, come chiarisce Cass. civ., 30 maggio 2012, n. 8643, «qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma, c.c. e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico».
In assenza della prova dell’esecuzione delle opere necessarie per scongiurare il rischio sismico si dovrà presumere l’instabilità della costruzione realizzata e, in definitiva, una situazione di pericolo permanente: la sopraelevazione andrà pertanto considerata illegittima e demolita.

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