24 Aprile 2024, mercoledì
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Lo Stato vende quote del Tesoro per 12 miliardi: in Eni, Enav, Fincantieri…

Dismissioni per 12 miliardi: il Tesoro mette in vendita le quote pubbliche in Eni, Stm, Cdp Reti, Tag, Grandi stazini, Enav, Fincantieri e Sace. Spera così di far cassa e mettere a tacere le critiche dell’Unione Europea alla Legge di stabilità, considerata da Bruxelles insufficiente per ridurre il debito pubblico e tagliare il deficit italiano.
Da subito queste privatizzazioni dovrebbero portare nelle casse dello Stato tre miliardi in più da destinare alla spesa per gli investimenti, scrive Enrico Marro sul Corriere della Sera.
Le otto società interessate sono, appunto, il colosso energetico Eni, di cui il Tesoro detiene il 30,1% e di cui Cassa depositi e prestiti gestisce il risparmio postale; Stm, holding italo-francese partecipata dal Tesoro al 50%; Grandi Stazioni, società che gestisce le stazioni italiane, per il 60% di proprietà di Ferrovie dello Stato; Fincantieri, tra i leader della cantieristica mondiale, per il 99,3% di Fintecna (Cdp); Cdp; Tag, società per l’89% di Cdp; Sace, società per l’assicurazione dell’export interamente nelle mani di Cdp; Enav, ente che controlla il traffico aereo, interamente nella mani del Tesoro; Cdp Reti, veicolo di investimento al 100% di Cdp.
Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha parlato di “privatizzazioni che vedranno la vendita di quote di società pubbliche senza andare a toccare la quota di controllo delle stesse. Unica eccezione per il Gruppo Sace (assicurazione del credito e protezione degli investimenti) dato che non esistono in Europa gruppi assicurativi di crediti alle imprese che siano prevalentemente pubblici”.
Di Sace e Grandi stazioni il Tesoro metterà sul mercato il 60%, di Enav e Fincantieri il 40%, di Cdp Reti il 50%, di Eni il 3%. In Eni, però, il Tesoro manterrà una partecipazione pubblica complessiva superiore alla soglia Opa del 30%. Questo perché Eni, nel luglio 2012, ha deliberato un piano di riacquisto (buy-back) di azioni proprie fino a un massimo del 10% del circolante che, una volta portato a termine, porterà la quota pubblica dall’attuale 30,1% a poco più del 33%.

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