Lo stato scenderà in campo, se le regioni non utilizzeranno i fondi europei, il cui ammontare (per i prossimi sette anni) sarà di «circa 100 miliardi di euro». A lanciare l’avvertimento Carlo Trigilia, ministro per la coesione territoriale, durante un’audizione in commissione bilancio a Montecitorio, incentrata sulla programmazione 2014-2020 delle risorse comunitarie. Non esiste, tiene a precisare, alcuna «volontà neocentralista», aggiungendo che gli stanziamenti di Bruxelles sono «per, e non delle amministrazioni regionali», pertanto la neonata agenzia nazionale che si curerà dei finanziamenti Ue (creata con il decreto 101/2013, si veda ItaliaOggi del 30/10/2013) effettuerà «un monitoraggio sistematico e sopperirà, eventualmente, a carenze» gestionali, dando un contributo «in caso di procedure complesse»; il cantiere è aperto, giacché, fa sapere, «nei prossimi giorni» verrà messo a punto lo statuto dell’organismo, affinché possa diventare presto operativo.
Il piatto esposto da Trigilia ai deputati è decisamente allettante: nei sette anni a venire, infatti, la dotazione sarà pari a «circa 100 miliardi, di cui 32 andranno in parte alle regioni sviluppate» (una cifra oscillante fra i 7 e gli 8 miliardi), poi 1,1 saranno destinati alle «regioni in transizione», ossia Abruzzo, Sardegna e Molise, mentre 22 finiranno «ai territori meno sviluppati, mediante un cofinanziamento che al Sud sarà pari al 50%».