25 Aprile 2024, giovedì
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Taranto, la città in cui una parte della Magistratura si è ribellata totalmente al Potere Politico (3)

ilva genova 2L’Ilva di Taranto è strettamente connessa all’Ilva di Genova nel senso che a Taranto si produce l’acciaio a caldo che serve anche alle produzioni a freddo di Genova. Se si ferma l’Ilva di Taranto si ferma acnhe l’Ilva di Genova. Né si possono differenziare le due proprietà nel senso di attribuire a una famiglia la proprietà dello stabilimento di Taranto e ad altra famiglia la proprietà dello stabilimento di Genova.
Questa è la principale ragione per cui è in atto un incredibile scontro fra Magistratura e Potere Politico. Da una parte infatti quella fetta di Magistratura tarantina di fede o di impronta signoriliana (diciamo così ) fa il tifo per la soluzione Gavio-Signorile. Dall’altra parte il Potere Politico ligure ma anche quello nazionale semplicemente aborriscono all’idea che le maestranze liguri possano finire sotto le grinfie di un Signorile e si comportano di conseguenza.

vignolaSecondo il Procuratore generale della Corte di Appello di Lecce Giuseppe Vignola, Magistrato integerrimo e universalemnte stimato, la mossa di minacciare la chiusura totale e definitiva dell’Ilva adottata dal dott. Franco Sebastio Procuratore Capo della Republica di Taranto il 12 luglio 2012 era una mossa tendente in realtà a sollecitare il Governo a revisionare l’Aia concessa all’Ilva. Infatti un un’intervista a “Repubblica” del 18 agosto u.s. il dott. Giuseppe Vignola ha così dichiarato: “Questa (la revisione dell’Aia n.d.r.) è proprio una bella notizia. Leggo che i ministri hanno sostanzialmente recepito tutte le nostre indicazioni, facendole proprie e inserendole come diktat nell’Aia, l’autorizzazione governativa che permette all’Ilva di lavorare. Se non le rispettano, devono chiudere. È lo stesso concetto che sostenevamo noi. Significa quindi che quello che era stato fatto andava nella direzione giusta, e soprattutto che non eravamo impazziti. Ordinare la chiusura di una produzione industriale è stato un provvedimento assai sofferto, ma secondo noi era l’unica strada percorribile. Il punto principale è che l’Ilva rispetti le prescrizioni. Se lo può fare, continuando a produrre per noi non ci sono problemi. La risposta in questo senso la potranno dare i tecnici che sono stati nominati custodi, ma credo che sia assolutamente possibile. Fermo restando la legge, deve prevalere il buon senso………… Il sequestro era inevitabile. Siamo di fronte a un lavoro davvero ineccepibile che non ci lasciava altre strade, visto anche l’atteggiamento tenuto fino a quel momento dell’Ilva. L’azienda, lo dissi subito dopo il sequestro, di giorno rispettava le prescrizioni imposte e di notte le violava come confermano i rilievi fotografici che abbiamo eseguito per più di un mese nel corso dell’inchiesta. Non era un atteggiamento collaborativo e la maggior parte delle volte nascondeva i problemi con interventi di facciata. Sono davvero contento dell’intervento del governo. Mai come in questo momento sono contento della sintonia tra pezzi dello Stato proprio nel momento in cui sembrava riprodursi un braccio di ferro tra politica e magistratura. Mi dà tranquillità, non volevamo sentirci soli in una battaglia così importante. Una battaglia che stiamo vincendo”.

Quindi un conflitto Magistratura- Potere Politico – secondo Vignola – solo apparente e momentaneo e rivolto a fin di bene.

Però i Magistrati tarantini, che fino a un certo punto si sono coordinati con lui, non sono sembrati poi del suo stesso parere. Infatti subito dopo l’emissione dell’AIA la Procura di Taranto ha abbandonato questo coordinamneto (dicamo così) con la Procura Genrale di Lecce e ha imbastito invece una strana alleanza con la Procura della Rpubblica di Milano. Infatti Procura di Taranto e Procura di Milano in sinergia fra loro dopo la revisione dell’Aia e al fine di far fallire ogni possibile accordo fra Stato e impresa, hanno caricato l’Ilva di due sequestri non a caso notificati a Riva lo stesso giorno. uno del valore di otto miliardi e mezzo di euro proveniente dalla Procura della Repubblica di Taranto , l’altro del valore di un miliardo e mezzo di euro proveniente dalla Procura della Repubblica di Milano per frode fiscale, proveddimenti che – peraltro – hanno inibito Riva dal presentare e dal finanziare il piano industriale per il risanamento, che dovevfa essere presentato il giorno dopo.riva emilio

Come si sipega allora questa mossa, particolarmente aggressiva, con le parole rassicuranti del Procuratore Generale della Corte di Appello di Lecce?

francesco-di maggio- Il tempestivo intervento della Procura dela Republica di Milano in questa vicenda fa pensare invece all’ennesimo tentativo di qeusto Ufficio Giudiziario di voler condizionare al massimo livello possibile tutte le vicende politiche di questo paese nel terrore che possa salire al Potere un giorno una coalizione di governo che faccia finalmenmte luce sia sulle odiose reponsabilità di questa Procura nelle stragi di Palermo del 1992 (ne era sicuramente coinvolto il suo giudice Francesco Di Maggio e i suoi due agenti segreti a lui più vicini gli ordinovisti neofascisti Rosario Cataffi e Giuseppe Gullotti) sia sulle sue altrettanto odiose responsabilità nella cosiddetta trattativa Stato-Magistratura-Mafia, che cominciò proprio a Milano nel 1994 quando alcuni Magistrati della Procura della Republica di Milano (e segnatamente – secondo la denuncia di Pierluigi Vigna Armando Spataro, Francesco Di Maggio e Alberto Nobili, marito di Ilda Boccassini) decisero di coprire i miliardari traffici illeciti dell’Autoparco Milanese di Cosa Nostra in cambio di indicibili contropartite politiche.

Quali odiose manovre politiche si nascondono dunque dietro lo smarcamento dala Procura Generale di Lecce sotto questa nuova sinergia fra Procura della Repubblica di Taranto e Procura dela Repubblica di Milano?

Otto miliardi di euro di cui si vorrebbe il sequestro in danno dei Riva sarebbe il costo delle opere di risanamento ambientale che Riva in qeusti anni non avrebbe fatto per ambientalizzare lo stabilimento. Si tratta chiaramente di una cifra esagerata, cui si è giunti sulla base della stima di uan semplice impiegata dell’Arpa Puglia Barbara Valenzano. Peraltro Riva ha acquistato l’impianto sedici anni fa (1996) e il massimo dell’utile netto di esercizio è stato di 800 milioni di euro. Poi ci sono stati anche gli anni in cui l’utile è stato sensibilmente inferiore.
Riva – peraltro – ha già investito in mabintalizzazioni quattro miliardi e mezzo di euro. Dunque quelle somme non le ha mai guadagnate. Come si può pretendre da un imprenditore che debba spendere più di quanto incassa? Ad imposibilia nemo tenetur – dicevano i latini.

I tecnici del Ministero dell’Ambiente che hanno revisinato l’AIA hanno invece quantificato il valore delle opere di ambientalizzazione in un milardo e ottocento milioni di euro. Naturalmente nessuno dice la verità. La verità è che l’Ilva di Taranto guadagna in modo esponenziale in funzione della produzione ed è congengnata nel senso che se produce sette milioni di tonnalleta d’acciaio pareggia i costi, se produce otto milioni di tonelate d’acciaio guadagna se produce nove milioni di tonnellate di acciaio guadagna bene se produce dai dieci milioni di tonnellate in su straguadaga. Fino al 2002 Riva è stato autorizzato a produrre fino a otto milioni di tonnellate di acciaio. Dopo il 2002 con la concentrazione su Taranto delle produzioni a caldo di Taranto e di Genova Riva è stato autoirzzato a produrre fino a dodici milioni di acciaio a caldo con l’intesa però che il superguadagno sarebbe stato destinato anche al risanamento ambientale, risanamento che, fino a oggi, con le violazioni che denunciava Vignola, aveva fatto solo parzialmente.

Gli aneliti affaristici e i giochi di potere di cui abbiamo parlato nelle puntate scorse, confermati da questa sinergia fra Procura di Taranto e Procura di Milano (i due Uffici fanno anche riunioni congiunte per meglio coordinarsi) hanno fatto sì che tutte le regole codiscistiche che ripartiscono funzioni e ruoli dei vari uffici giudiziari in questo processo siano saltate.
Soprattutto è mancata la figura del giudice terzo fra accusa e difesa ruolo totalemnte obliterato dalla dott.sa Patrizia Todisco. Com’è noto il legislatore isitutì la figura del g.i.p. come giudice terzo che doveva verficare se l’attività istrutoria dei P.M. fosse eccessivamente sbilnacita ripsetto alle posizioni dell’accusa e nel caso attenuarla. Invece in questo processo il g.i.p. Patrizia Todisco si è spesso affiancata all’azione dei pubblci ministeri a volte sacavalcondali come qaundo ad esempio copn un’ordinanza di 500 pagine ha sollecitato l’incriminazione del governatore della Puglia Niky Vendola (per molto meno la dot.sa Clementina Forleo fu trasferita su due piedei da Milano a Cremona) oppure (caso ancora più clamoroso) quando ha sequestrato al liquidità delle aziende dei Riva a Brescia e a Verona contro la volontà dichiarata anche alle stanmpe del Procuratore capo della Repubblica di Taranto Franco Sebastio.

orlando Avendo capito che identificandosi ancora in Riva la titolarità dell’azienda ogni mossa della magistratura tarantina (e milanese) provocava il paluso frarogoroso del popolo ambientalista e grillino schizzato a Taranto a percentuali vicine al 33% dei consensi, il Potere Politico ligure abilmente gestito dal valoroso eponente del P.D. Andrea Orlando attuale ministro dell’ambiente e quello nazionale a un certo punto hanno sotituito Riva con due figure neutre i commissari Sandro Bondi e Edo Ronchi ma l’aggressione giudiziaria contro l’Ilva al di là dei buoni intendimenti del Procuratore generale di lecce Giuseppe Vignola è continuata lo stesso.

Quattro mesi fa invocando l’ottemperanza di una legge salva-ilva il commissario Bondi aveva cheisto lo sblocco di 230 milioni di euro sequetrati ai Riva per destinarli al risanamento dell’impianto. Per quattro mesi la dott.sa Patrizia Todisco non ha risposto. Dopo quattro mesi ha rsipsoto: rigetto pechè il lavori si stanno svolgendo con ritardo. In realtà le opere sono state tutte applatate ma sono ferme perchè i sindacati nazionali vorrebbero il coinvolgimento delle imprese locali.
E mentre l’Ilva rischia di fermarsi di nuovo, l’impresa Marcegaglia (pannelli fotovoltaici) ha annunciato la cessazione delle attività della sua azienda a Taranto, con la conseguente chiusura e il licenziamento di 134 dipendenti, dal prossimo 31 dicembre. Vestas (turbine eoliche) ha confermato la indisponibilita’ a riaprire l’attivita’ di produzione delle turbine eoliche nel sito di Taranto e conseguentemente ha confermato l’esubero di 120 unita’ lavorative (solo parte dei quali saranno rissorbiti in un altro sito industriale dedlla stessa azienda sul posto). A giorni anche Evergrin (trasporti marittimi) annuncerà il proprio disimpegno da Taranto per trasferirsi in un porto istriano, con il licenaziamnto di altre migliai di lavoratori. Poi sarà la volta dell’Ilva stessa che annuncerà che a Taranto continuerà solo la produzione a freddo perché la produzione a caldo sarà trasferita almeno momentaneamente in Brasile (il che significherà il licenziamento di altri 5.000 dipendenti).

Certo, ognuno ha le sue buone ragioni ufficiali, ma perchè tutti assieme? Quanto avrà inciso alla fine su questa devastazione occupazionale di Taranto il conflitto – che c’è, nessuno lo può negare – tra una parte della Magistratura tarantina e il Potere Politico Nazionale?

Michele Imperio 3. Fine

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