In Italia, negli ultimi 12 mesi, più della metà delle aziende di grandi dimensioni ha subito un attacco ai propri sistemi informatici. Secondo il Rapporto Clusit 2013 la crescita delle violazioni è addirittura esponenziale: +254% nel 2012 rispetto al 2011, con un giro d’affari valutato in 5/6 miliardi di euro. Il made in Italy, soprattutto nei campi della moda e dell’alta tecnologia, è sempre più nel mirino dello spionaggio industriale. Ma non è un problema solo italiano: secondo una stima del Ministro degli Interni della Germania federale, Hans-Peter Friedrich, lo spionaggio industriale arrecherebbe all’economia tedesca una perdita annuale di 50 miliardi di euro. Una cifra enorme. Il datagate, cioè l’improvvisa scoperta che non solo gli Stati uniti, ma tutti gli stati che ne hanno i mezzi, spiano tutti gli altri, amici e nemici, è uno scandalo di panna montata, se confrontato con i danni che ogni giorno creano, ad aziende privati, i cosiddetti cyber criminali. D’altra parte la cyber criminalità non colpisce solo le aziende. A fine 2012 in poco tempo si sono registrati prelievi da oltre 30.000 conti correnti per importi variabili da 500 a 250.000 euro. I primi conti bancari sarebbero stati saccheggiati in Italia, ed in seguito soprattutto in Germania, Spagna e Paesi Bassi. I meccanismi sono sempre più o meno gli stessi: le vittime sono colpite con un “trojan horse” ossia un cavallo di Troia che s’inserisce nel pc o nello smartphone dopo aver cliccato su link contenuti in e-mail spam, siti di vario genere infettati o sms. Il trojan installa una specie di virus e questo consente di rubare informazioni personali quali numeri di conto corrente, di carte di credito e così via.