I colloqui con i propri difensori dei detenuti in regime speciale è sacro e non va limitato . E’ infatti costituzionalmente illegittimo l’articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui pone limitazioni al diritto ai colloqui con i difensori nei confronti dei detenuti sottoposti alla sospensione delle regole di trattamento, in particolare prevedendo che detti detenuti possono avere con i difensori, «fino a un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari» (pari, rispettivamente, a dieci minuti e a un’ora). Lo ha affermato ieri la Corte costituzionale con la sentenza n. 143, ricordando innanzitutto come la legge n. 94 del 2009 abbia irrigidito il regime speciale del 41 bis prevedendo tra l’altro che con i difensori possano effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari, ossia della durata massima di un’ora, quanto ai colloqui visivi e di dieci minuti, quanto ai colloqui telefonici.
Ma secondo la Corte le restrizioni in questione, per il modo in cui sono congegnate, “si traducono in un vulnus del diritto di difesa”. Questo, dicono i giudici, è sì suscettibile di bilanciamento con altre esigenze di rango costituzionale, così che il suo esercizio può essere variamente limitato dal legislatore ma non compromesso, in modo particolare quando incida sul diritto alla difesa tecnica delle persone ristrette in ambito penitenziario.
Non è insomma possibile presumere, in termini assoluti, che tre colloqui visivi settimanali di un’ora, o telefonici di dieci minuti, consentano in qualunque circostanza una adeguata ed efficace predisposizione delle attività difensive. Né si può presumere che l’avvocato difensore si presti a fungere da tramite fra il detenuto e gli altri membri dell’organizzazione criminale, il che richiederebbe una limitazione dei contatti tra i due. In sintesi, dunque, alla compressione – per la Corte indiscutibile – del diritto di difesa indotta dalla norma del 41 bis “non corrisponde, prima facie, un paragonabile incremento della tutela del contrapposto interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini”. Di qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), ultimo periodo, della legge n. 354 del 1975, limitatamente alle parole «con i quali potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari».