18 Aprile 2024, giovedì
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I dipendenti dalla droga monetaria

L’impressione è quella che il Qe abbia dato vita a una sorta di nuova economia, una new economy nella quale non sono più le nuove tecnologie a produrre la crescita economica ma dove la quantità di massa monetaria disponibile è una variabile chiave per il modello di sviluppo economico. Pil, quindi, irreversibilmente agganciato anche nel post crisi a strategie di politica monetaria che nel ‘900 non erano mai state pensate o adottate. Una sorta di prigione monetaria nella quale le economie di questo scorcio iniziale del ventunesimo secolo devono navigare per poter evitare che, con meno quantità di moneta a disposizione, il livello della disoccupazione o la tenuta della finanza pubblica raggiungano livelli di non sostenibilità. Una trappola della liquidità molto originale, perché senza il Qe il cavallo non beve e non beve a sufficienza.

I recenti interventi in materia di Qe della BoJ in attuazione della cosiddetta Abenomics dalla dimensione quantitativa ancora più espansiva in termini di concentrazione temporale dell’intervento di quelli Usa e la decisione della BoE di estendere gli aiuti britannici anche all’acquisto di titoli emessi da imprese private, segnalano quanto la via di uscita dal Qe sia tutt’altro che scontata in termini di timing e di possibili effetti collaterali.

Dalle ceneri della peggiore crisi post secondo dopoguerra è nata  una new economy? Sono emersi nuovi squilibri e condotte di politica economica destinate a perdurare ben oltre il ciclo successivo? Domande più che legittime alla luce della comprovata dipendenza dei mercati dalle politiche monetarie non convenzionali che vanno sotto l’acronimo di quantitative easing, cioè produzione di nuova massa monetaria tramite l’acquisto di titoli di stato o di altri asset. Le borse e gli investitori sono appesi alle mosse del numero uno della Fed, Ben Bernanke, proprio in materia di Qe. Una interruzione della politica di iniezione mensile di moneta da parte della Banca centrale Usa sarebbe interpretata oggi male dai trader e sicuramente indici azionari e prezzi dei bond ne risentirebbero non poco. È come se, senza la spinta e il supporto del Qe, i mercati non siano più in grado di avere sufficiente fiducia per decidere investimenti più o meno rischiosi. Si tratta di una evidente distorsione creata dalle politiche pubbliche sulle normali funzioni decisionali dei privati: oggi gli investitori per sentirsi al sicuro <pretendono> che una parte del rischio del loro investimento sia implicitamente assicurato dalle banche centrali con i loro Qe. Si è prodotta, quindi, dopo quasi cinque anni di politica monetaria ultra espansiva una originale attitudine alla socializzazione di parte dei rischi sistemici dei mercati finanziari.

A cura del Prof. Giuseppe CatapanoImmagine

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