La guerra in Ucraina torna al centro delle manovre diplomatiche internazionali, ma da Kiev arriva un giudizio netto e privo di sfumature: il presunto piano congiunto tra Washington e Mosca sarebbe “assurdo”, “inaccettabile” e persino “una provocazione”. Parole pesanti, che riassumono lo stato d’animo di un Paese che vede ogni tentativo ambiguo come un potenziale vantaggio per il Cremlino.
A rilanciare il tema è stata la portavoce di Donald Trump, Karoline Leavitt, che in una dichiarazione alla Bbc ha confermato che l’ex presidente statunitense starebbe lavorando a un progetto di pace strutturato. Leavitt ha assicurato che Trump, “fin dal primo giorno”, ha indicato la fine della guerra come priorità assoluta, lamentando però la crescente frustrazione per la scarsa disponibilità di entrambe le parti a sedersi a un tavolo negoziale. Nonostante ciò, ha aggiunto la portavoce, “gli Stati Uniti stanno lavorando a un piano dettagliato e accettabile per entrambe le parti, per fermare le uccisioni e creare una pace duratura”.
L’apertura, tuttavia, non ha trovato alcun terreno fertile a Kiev. Secondo quanto riportato dal Guardian, alti funzionari ucraini ritengono che il piano — attribuito al magnate Kirill Dmitriev, figura considerata molto vicina a Vladimir Putin, e a Phil Witkoff, inviato speciale di Trump — sia costruito più per confondere gli alleati occidentali che per predisporre un vero percorso verso il cessate il fuoco. Un documento, dunque, visto come un tentativo di disarticolare il fronte internazionale che sostiene Kiev.
Oleksandr Merezhko, presidente della commissione parlamentare per la politica estera, non usa mezzi termini: “Non ci sono segnali che il Cremlino sia pronto a negoziati seri. Putin vuole solo guadagnare tempo, soprattutto in vista delle possibili nuove sanzioni americane”. Una linea condivisa anche dal viceministro degli Esteri Sergiy Kyslytsya, che definisce l’iniziativa “irrealistica” e priva dei presupposti minimi per essere considerata una proposta autentica.
In sostanza, Kiev teme che dietro il linguaggio della pace si celi un’altra manovra dilatoria, utile alla Russia per riorganizzarsi sul piano politico e militare, e potenzialmente dannosa per la compattezza del sostegno occidentale. Mentre Trump prova a imporsi come mediatore globale, l’Ucraina guarda con sospetto ogni iniziativa che non parta da una pressione reale su Mosca, convinta che la volontà di negoziare non possa prescindere da un cambiamento tangibile nelle intenzioni del Cremlino.
La partita diplomatica resta dunque apertissima, ma con un elemento ormai evidente: per Kiev, qualsiasi piano di pace che nasca senza garanzie solide e verificabili rischia di diventare solo un’altra trappola politica. E su questo, almeno per ora, non sembra esserci spazio per compromessi.
