15 Novembre 2025, sabato
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Trump rivela la sua strategia mancata: “Credevo di poter fermare la guerra grazie al mio rapporto con Putin”

Il presidente americano torna a riflettere sul conflitto in Ucraina e sostiene che la sua intesa personale con il leader del Cremlino avrebbe potuto accelerare la fine delle ostilità

Donald Trump è tornato a parlare del conflitto in Ucraina evocando un passato in cui, a suo dire, avrebbe potuto chiudere rapidamente il fronte aperto tra Mosca e Kiev. In un passaggio carico di rimpianto e autodifesa politica, il presidente americano ha spiegato di confidare nelle proprie relazioni con Vladimir Putin come strumento per arrivare a una soluzione negoziata.

Trump ha ricordato come, durante il precedente mandato, ritenesse di avere instaurato con il leader del Cremlino un rapporto personale solido, utile a disinnescare crisi internazionali. «Pensavo di avere un ottimo rapporto con il presidente Putin», ha dichiarato, sostenendo che quel legame sarebbe stato determinante per affrontare una delle emergenze geopolitiche più delicate degli ultimi anni.

Nelle sue parole, la convinzione che l’accesso diretto ai palazzi del potere russi potesse trasformarsi in una leva diplomatica efficace. «Pensavo che sarebbe stato facile, aveva già messo fine a otto guerre», ha continuato, ripercorrendo una lettura del proprio operato in politica estera come una sequenza di crisi disinnescate e conflitti congelati.

Secondo Trump, la guerra in Ucraina rappresenta l’unica frattura rimasta aperta rispetto a una stagione che lui stesso descrive come improntata alla stabilità. «L’unica che non ho ancora fatto finire è tra Russia e Ucraina. Non sarebbe mai dovuta iniziare», ha affermato, attribuendo implicitamente all’attuale scenario internazionale la responsabilità di un conflitto che, nella sua visione, avrebbe potuto prevenire o chiudere in tempi rapidi.

Le dichiarazioni aggiungono un nuovo tassello alla narrativa con cui Trump accompagna da mesi il dibattito sulla politica estera americana: una combinazione di fiducia nel proprio carisma negoziale, nostalgia per un equilibrio geopolitico percepito come più gestibile e critica implicita verso l’approccio dell’amministrazione attuale.

Pur senza addentrarsi nei dettagli di un piano concreto, il presidente offre una chiave di lettura che punta sulla dimensione personale dei rapporti tra leader, un elemento che continua a presentare come decisivo per orientare il corso degli eventi. In uno scenario internazionale ancora in piena tensione, le sue parole risuonano come il tentativo di riaffermare il ruolo che ritiene di poter esercitare sul palcoscenico globale.

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