1 Dicembre 2025, lunedì
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Appalti, inchiesta a Palermo: chiesti i domiciliari per Totò Cuffaro e Saverio Romano

La Procura contesta un presunto sistema di gare pilotate e scambi di favori. Diciotto le persone coinvolte. Il giudice deciderà solo dopo gli interrogatori preventivi. I due ex leader democristiani: “Massima fiducia nella magistratura”.

Un nuovo fronte giudiziario si apre a Palermo, dove la Procura ha acceso i riflettori su un presunto intreccio di appalti, politica e affari. Nell’inchiesta – che ipotizza reati a vario titolo di associazione per delinquere, turbativa d’asta e corruzione – figurano nomi noti della scena siciliana: l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro e l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano.

La richiesta dei pubblici ministeri è pesante: arresti domiciliari per diciotto persone, ma il giudice per le indagini preliminari deciderà solo dopo una serie di interrogatori preventivi già disposti. Una scelta prudente, che riflette la volontà di ascoltare le versioni degli indagati prima di valutare se applicare misure cautelari. Per Romano, parlamentare in carica, l’eventuale esecuzione richiederebbe inoltre il passaggio formale dell’autorizzazione a procedere.

L’indagine e gli scenari ipotizzati

Secondo l’impostazione accusatoria, ancora tutta da verificare nel contraddittorio con le difese, il presunto sistema avrebbe alterato la regolarità di alcune gare pubbliche, favorendo in modo illecito specifici imprenditori o gruppi di interesse. L’indagine, coordinata dai magistrati della Procura di Palermo e condotta dai carabinieri del Ros, ricostruirebbe una rete di relazioni tra amministratori, funzionari e referenti politici che, in cambio di vantaggi o promesse di utilità, avrebbero influenzato le procedure di assegnazione.

Nell’elenco degli indagati compaiono figure di primo piano della burocrazia e dell’imprenditoria regionale. Tra questi, Roberto Colletti, già dirigente dell’azienda ospedaliera Villa Sofia, Carmelo Pace, capogruppo della Democrazia Cristiana all’Assemblea regionale, e Vito Raso, storico collaboratore di Cuffaro. Ciascuno, secondo le ipotesi investigative, avrebbe avuto un ruolo distinto nel presunto meccanismo di condizionamento delle gare.

Due carriere parallele

Totò Cuffaro e Saverio Romano condividono un lungo percorso politico, nato nella comune matrice democristiana. Dopo l’esperienza nell’Udc, i due hanno proseguito su strade differenti ma parallele nel centrodestra siciliano: Romano ha fondato il Pid ed è stato ministro dell’Agricoltura nel 2011; Cuffaro, dopo il rientro sulla scena pubblica, guida oggi la “Nuova Dc”. La loro alleanza politica e personale, seppur con pause e differenze di strategia, è rimasta una costante nella geografia politica dell’isola.

I precedenti giudiziari

Il nome di Totò Cuffaro è legato a una delle vicende giudiziarie più note nella storia recente della Sicilia. Condannato in via definitiva nel 2011 a sette anni per favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreto d’ufficio, ha scontato interamente la pena ed è tornato in libertà nel 2015. Nel 2023 ha ottenuto la riabilitazione, che ha cancellato le pene accessorie, consentendogli di tornare all’attività politica.

Saverio Romano, invece, era stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma nel 2012 il gip lo prosciolse con la formula dell’insufficienza di prove. Vicende che, come precisa la Procura, non hanno alcun legame con le attuali ipotesi d’accusa, ancora tutte da verificare.

Le reazioni degli interessati

Entrambi gli ex esponenti di governo hanno scelto la via della collaborazione e della trasparenza. Romano ha dichiarato di aver appreso “solo dalla stampa” dell’inchiesta: “Non ho ricevuto comunicazioni ufficiali – ha detto – ma sono assolutamente tranquillo e a disposizione dei magistrati, dei quali ho la massima stima”.

Cuffaro, segretario nazionale della Democrazia Cristiana, ha confermato di aver ricevuto un avviso di garanzia e la visita dei carabinieri per una perquisizione domiciliare e in ufficio: “Ho fornito la massima collaborazione e sono sereno. Alcuni fatti e persone mi sono del tutto sconosciuti, ma ho piena fiducia nella magistratura e chiarirò ogni aspetto”.

I prossimi passaggi

Gli interrogatori davanti al giudice per le indagini preliminari rappresentano ora la fase cruciale. Solo dopo aver ascoltato gli indagati, il gip deciderà se accogliere o meno la richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Procura. Al momento non risultano provvedimenti restrittivi eseguiti, e gli atti restano coperti dal segreto istruttorio.

L’inchiesta palermitana, complessa e politicamente delicata, tocca ancora una volta i vertici di un sistema che in Sicilia intreccia potere, burocrazia e impresa. Sarà l’esame delle carte e il confronto in aula a stabilire se dietro quelle ipotesi ci sia sostanza o soltanto il riflesso di una politica che, ancora oggi, continua a fare i conti con le proprie ombre.

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