15 Ottobre 2025, mercoledì
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Trump ordina attacco a presunti narcos al largo del Venezuela: sei morti

Il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato di aver autorizzato un’operazione militare contro un’imbarcazione sospettata di traffico di droga. L’azione, condotta al largo delle coste venezuelane, avrebbe provocato sei vittime. Il Pentagono non conferma. Crescono le domande sui limiti del potere esecutivo e sull’uso della forza in acque internazionali.

WASHINGTON — Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rivelato pubblicamente di aver autorizzato un’operazione militare che ha portato all’affondamento di un’imbarcazione sospettata di traffico di stupefacenti al largo delle coste del Venezuela, causando la morte di sei persone. L’azione, che secondo le parole dello stesso Trump rientra nella strategia di contrasto al narcotraffico internazionale, apre ora a una serie di interrogativi di ordine politico, legale e diplomatico.

La dichiarazione è arrivata durante un evento pubblico, in cui Trump ha rivendicato con toni orgogliosi il via libera all’attacco, spiegando di aver dato istruzioni dirette al segretario alla Guerra, identificato come Pete Hegseth, personaggio molto vicino al presidente e figura di riferimento dell’ala più conservatrice dell’amministrazione.

Hegseth, già noto opinionista televisivo ed ex ufficiale della Guardia Nazionale, non occupa formalmente il ruolo di segretario alla Difesa, né risulta aver avuto deleghe operative nel quadro della catena di comando. Un’anomalia che rende la dichiarazione di Trump ancora più controversa e suscita perplessità anche sul piano istituzionale.

Un attacco mai confermato dai canali ufficiali

L’episodio non risulta documentato nei bollettini pubblici del Pentagono né confermato da fonti ufficiali delle forze armate. Nessun dettaglio tecnico, nessuna nota operativa, nessuna dichiarazione di supporto è finora giunta dalle agenzie federali o dal Dipartimento della Difesa, che mantengono il massimo riserbo.

Trump, tuttavia, ha parlato di un’azione “decisa e necessaria”, presentata come esempio emblematico della sua linea dura contro il narcotraffico internazionale e come dimostrazione della volontà degli Stati Uniti di colpire i criminali anche fuori dai propri confini, qualora necessario.

Il contesto geopolitico: tensione persistente con Caracas

L’operazione si sarebbe svolta nelle acque internazionali prossime al Venezuela, Paese con cui gli Stati Uniti intrattengono rapporti tesi da anni, acuiti dalla posizione americana di netta opposizione al governo di Nicolás Maduro. Washington accusa da tempo Caracas di favorire il transito di droga attraverso reti controllate, secondo l’intelligence statunitense, da gruppi armati e segmenti deviati dell’apparato militare venezuelano.

La zona caraibica è una delle rotte più attive per il traffico di cocaina diretto verso gli Stati Uniti, e le operazioni anti-narcos fanno parte di un ampio sforzo regionale coordinato tra le marine militari di diversi Paesi. Tuttavia, l’intervento raccontato da Trump appare come un’azione unilaterale, condotta fuori dai canali multilaterali e senza alcun mandato internazionale.

Le sei vittime e le incognite legali

Secondo quanto riferito dal presidente, sei persone sarebbero morte nell’attacco all’imbarcazione sospettata. Nessun dettaglio, però, è stato fornito sull’identità delle vittime, sull’effettiva appartenenza a gruppi criminali o sull’eventuale sequestro di sostanze illecite. Non è chiaro nemmeno quale mezzo sia stato impiegato per l’operazione — se droni, unità navali o elicotteri — né se vi sia stato un intervento diretto delle forze speciali americane.

L’assenza di elementi verificabili alimenta il dibattito, già acceso, sulla legalità dell’azione. Il diritto internazionale vieta l’uso della forza in acque internazionali salvo che per autodifesa, interventi su mandato delle Nazioni Unite, o in presenza di accordi specifici con gli Stati interessati. Nessuna di queste condizioni sembra applicabile al caso in questione, come descritto dal presidente.

L’ambiguità del ruolo di Hegseth

Ulteriore elemento critico è il riferimento a Pete Hegseth, uomo fidato di Trump, ma privo di incarico formale nella catena di comando militare. Il presidente lo ha indicato come destinatario dell’ordine operativo, fatto che, se confermato, rappresenterebbe una deviazione significativa dalle prassi previste dalla Costituzione americana, che affida il controllo delle forze armate al presidente solo nel rispetto delle strutture militari e dei poteri del Congresso.

Hegseth, già volto noto di Fox News e sostenitore di un’agenda di politica estera marcatamente interventista, è stato più volte accostato a ruoli di vertice nella Difesa, ma non ha mai ricevuto nomine ufficiali.

Le implicazioni politiche e giuridiche

Trump, attualmente in carica come presidente, utilizza spesso episodi di forza per rafforzare la propria immagine pubblica, presentandosi come un leader che non esita ad agire per proteggere la sicurezza degli Stati Uniti. Tuttavia, l’uso della forza militare è soggetto a regole precise. Il War Powers Act del 1973, approvato per limitare l’autorità presidenziale in seguito agli abusi della guerra del Vietnam, stabilisce che il presidente debba informare il Congresso entro 48 ore dall’inizio di un’operazione armata e che, senza approvazione parlamentare, l’intervento non possa durare oltre 60 giorni.

Non è chiaro se tali obblighi siano stati rispettati. Non risulta, al momento, alcuna notifica al Congresso relativa all’episodio riferito da Trump. Questo alimenta dubbi sull’esistenza stessa dell’operazione o, in alternativa, su una sua gestione completamente al di fuori dei canali istituzionali previsti.

Venezuela silente, ma pronto a reagire

Nessuna reazione ufficiale è giunta da Caracas. Ma in passato il presidente Maduro ha denunciato più volte azioni di sabotaggio o tentativi di incursione sul proprio territorio da parte degli Stati Uniti. Se l’attacco fosse confermato, e se fosse avvenuto effettivamente in prossimità delle acque territoriali venezuelane, si tratterebbe di un atto destinato a esacerbare ulteriormente le relazioni già compromesse tra i due Paesi.

Il governo venezuelano, pur isolato sul piano internazionale, mantiene una retorica fortemente antiamericana e potrebbe sfruttare la vicenda per consolidare il fronte interno e ottenere appoggi diplomatici presso i Paesi non allineati.

Un presidente che accentra potere e alimenta ambiguità

L’annuncio di Trump, che rivendica apertamente un’operazione letale condotta all’estero, riporta al centro del dibattito pubblico il tema del potere presidenziale in materia di sicurezza e politica estera. Non è la prima volta che il presidente utilizza la retorica dell’azione militare per rafforzare la sua immagine pubblica, ma l’assenza di conferme ufficiali, la nebulosità della catena di comando e la mancanza di trasparenza su quanto accaduto rappresentano elementi di forte preoccupazione.

Il rischio è duplice: da un lato, l’affermazione potrebbe essere una forzatura propagandistica; dall’altro, potrebbe rivelare l’esistenza di operazioni coperte che sfuggono a ogni forma di controllo democratico. In entrambi i casi, le implicazioni sono gravi.

In attesa di riscontri concreti, rimane una dichiarazione che scuote l’opinione pubblica e apre scenari inquietanti: un presidente che si attribuisce il potere di colpire e uccidere, anche al di fuori del diritto internazionale, in nome della sicurezza nazionale. Un precedente potenzialmente pericoloso, che merita attenzione, chiarezza e — soprattutto — responsabilità.

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