Parma – Un rapporto iniziato da adolescenti, proseguito per anni tra pause e ritorni, e poi travolto da una verità scoperta in modo drammatico: due neonati sepolti in giardino, che si riveleranno essere suoi figli. È il racconto che Samuel Granelli, ex compagno di Chiara Petrolini, ha affidato alla Corte d’Assise di Parma nel processo che vede imputata la giovane per omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere.
Granelli è stato ascoltato come testimone e parte civile nella terza udienza del procedimento. Durante la sua deposizione ha ricostruito la storia della loro relazione, negando con fermezza di aver mai sospettato che la donna potesse essere incinta, né nel 2023 né nel 2024, quando secondo gli inquirenti avrebbe partorito e poi seppellito i due neonati.
“Chiara mi disse che avevano trovato un bambino nel giardino, ma non mi disse che era suo”, ha affermato in aula, spiegando che la notizia gli era arrivata senza alcun riferimento alla maternità della compagna.
Una relazione lunga, ma senza segnali
Secondo quanto ricostruito in aula, i due si conobbero da giovanissimi, intorno ai 16-17 anni. La loro storia ha attraversato varie fasi, con una separazione nel 2022 e un nuovo riavvicinamento a partire dal settembre dell’anno successivo. Durante tutto questo tempo, ha raccontato Granelli, non ci sono mai stati indizi che potessero far pensare a una gravidanza.
“Non usavamo quasi mai contraccettivi, ma non ci siamo mai posti il problema di un’eventuale gravidanza”, ha dichiarato. “Non ho mai notato nulla nel suo aspetto, nemmeno quando era svestita. Non ho mai avuto il minimo sospetto”.
Una testimonianza che, se confermata, potrebbe assumere un peso rilevante nel processo. La mancanza di segnali evidenti, così come l’assenza di comunicazione tra i due, è diventata uno dei punti centrali del dibattimento.
Due figli, due sepolture
I due neonati – ai quali Granelli ha dato il proprio cognome dopo la scoperta dei corpicini – sarebbero nati rispettivamente nel maggio 2023 e nell’agosto 2024. Secondo l’accusa, Chiara Petrolini avrebbe partorito da sola, nascosto i neonati, e poi sepolto i loro corpi in giardino.
Il primo neonato fu ritrovato nel settembre 2024, alcune settimane dopo il secondo, il cui corpicino era stato individuato casualmente da un cane. Gli inquirenti ritengono che i bambini siano nati vivi e che la madre abbia agito in modo consapevole e volontario per sopprimerli subito dopo la nascita. Le indagini hanno messo in evidenza una pianificazione degli eventi e una sistematica eliminazione di ogni traccia.
In aula, Granelli ha ripercorso quei momenti: lo shock per la notizia, la difficoltà a comprendere cosa stesse succedendo, la scoperta della paternità attraverso il confronto genetico. Dopo la conferma, ha firmato gli atti di nascita e di morte, decidendo anche di seppellire i figli nel cimitero locale, con una lapide che ne ricorda i nomi.
Le accuse a Chiara e le incognite sulla sua lucidità
Chiara Petrolini è oggi a processo per duplice omicidio aggravato dalla premeditazione e per soppressione di cadavere. La sua difesa ha chiesto una perizia psichiatrica, ritenendo che la giovane soffra di una condizione psicologica che potrebbe aver influito sulla sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti.
Il tribunale ha accolto la richiesta e la perizia è stata affidata a un collegio di esperti. Il tema della salute mentale di Chiara è destinato a occupare un ruolo centrale nel processo, che proseguirà con la deposizione degli inquirenti, dei consulenti medici e con l’analisi di tutta la documentazione clinica e autoptica.
Nel frattempo, le autorità hanno già aperto una riflessione sulla possibilità che il procedimento venga affidato a una sezione specializzata in femminicidi e violenza di genere, trattandosi di un caso in cui la donna avrebbe agito, secondo l’accusa, in un contesto relazionale segnato da isolamento, silenzio e rimozione.
Un processo che interroga, oltre la giustizia
La testimonianza di Samuel Granelli ha portato in aula non solo fatti, ma anche interrogativi profondi. Se ciò che ha detto corrisponde al vero, allora una donna ha partorito due volte senza che nessuno – nemmeno il padre dei bambini – se ne accorgesse. Un fatto che solleva interrogativi sulla solitudine, sulla rimozione del trauma, sul peso delle responsabilità condivise o non riconosciute.
Lui si definisce una vittima inconsapevole, tenuto all’oscuro fino all’ultimo. Ora è parte civile nel processo, e ha chiesto che venga riconosciuto il suo ruolo di padre e di persona offesa.
Il processo proseguirà nelle prossime settimane, con nuove testimonianze e accertamenti. Resta da capire non solo cosa sia accaduto esattamente in quei due tragici momenti, ma anche come sia stato possibile che tutto si sia consumato nel silenzio più assoluto. E se quel silenzio sia stato solo una scelta individuale o il sintomo di un vuoto collettivo.
