23 Novembre 2025, domenica
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“Anna non doveva essere lì”: dolore e rabbia di un padre dopo la tragedia del catamarano

Aveva 17 anni ed era al suo primo giorno di lavoro: un ormeggio fatale, una cima impigliata nell’elica e un sogno spezzato. Il padre accusa: “Assunta per tradurre, non per fare manovre”

Il sogno spezzato di Anna Chiti, la studentessa che voleva diventare comandante

VENEZIA — “Anna non doveva trovarsi lì. Era stata assunta come interprete, non per manovrare una barca di oltre dieci metri. Voglio la verità, mia figlia non doveva morire così.” È la voce strozzata dal dolore di Umberto Chiti, padre di Anna, la diciassettenne tragicamente scomparsa sabato 18 maggio nella darsena di Sant’Elena, a Venezia. La ragazza è rimasta vittima di un incidente durante una manovra d’ormeggio a bordo del catamarano Calita, al suo primo giorno di lavoro. Una tragedia che, secondo i familiari, poteva e doveva essere evitata.

Anna Chiti era salita a bordo per tradurre, non per fare il marinaio. Parlava fluentemente inglese, russo e ucraino, come la madre. Ma quella mattina si trovava a prua, da sola, senza salvagente, a gestire una cima. Una mansione delicata e potenzialmente pericolosa, soprattutto per chi, come lei, non faceva parte di un equipaggio addestrato. Sul catamarano, lungo oltre dieci metri, erano in due: Anna e lo skipper. “Per imbarcazioni turistiche di queste dimensioni serve un equipaggio vero, a bordo e in banchina,” accusa il padre, portuale ed ex sommozzatore.

Il video che mostra gli ultimi istanti

Le telecamere di sorveglianza della marina di Sant’Elena hanno registrato la scena drammatica. Anna salta dal catamarano con la cima in mano, tentando di raggiungere il pontile. Ma inciampa, cade in acqua. Riappare in superficie, cerca di risalire. Poi la fune si impiglia nell’elica ancora in movimento. In un attimo viene trascinata giù. Il comandante, attonito, tenta invano di soccorrerla. Anna muore annegata.

Aveva 17 anni, frequentava la quarta dell’istituto nautico Sebastiano Venier insieme alla sorella gemella Giulia. Sognava il mare, le grandi navi, una carriera da comandante. Quel lavoretto estivo, appena iniziato, doveva aiutarla a mettere da parte qualcosa per festeggiare i suoi 18 anni a giugno. Ma il destino ha voluto diversamente.

Un amore per il mare trasmesso dal padre

Umberto Chiti le aveva insegnato tutto: l’amore per il mare, ma anche il rispetto dei pericoli. “Non era sprovveduta. Era una nuotatrice esperta, sapeva valutare i rischi. Se avesse saputo che quella manovra era pericolosa, non l’avrebbe mai fatta,” dice. E aggiunge: “La Capitaneria di Porto è stata molto umana con me. Ma ora voglio chiarezza. Voglio giustizia.”

La scuola ha confermato che il lavoro non rientrava in alcun progetto di stage. Anna si era trovata su quel catamarano per un’occasione privata, non legata a percorsi formativi. Il dirigente scolastico, Michele Lamonica, la ricorda con affetto: “Era una ragazza brillante, affidabile, sempre pronta ad aiutare. Mai imprudente. Una studentessa modello.”

Una comunità sotto shock

Anna viveva a Malcontenta, nella terraferma veneziana, in una casa gialla circondata dal verde. Tutti la conoscevano, la ricordano come una giovane solare, generosa, impegnata nel volontariato. Attiva in parrocchia, nei centri estivi, presente alla sagra del Redentore. “Era una forza della natura,” raccontano i volontari. “Si prendeva cura dei bambini, li accompagnava in montagna, al mare. Sempre sorridente, con un cuore grande.”

Inseparabile dalla sorella Giulia, con cui condivideva scuola, passioni e amici. Sui social le loro foto raccontano un legame profondo, fatto di abbracci e risate. E poi c’era Jacopo, il fidanzato, compagno di banco e di sogni. Uscivano in barca insieme, parlavano di futuro.

Oggi restano il dolore, le domande, la rabbia. E una richiesta accorata: capire cosa sia davvero accaduto, perché una ragazza preparata e responsabile, con un futuro davanti, sia morta in quel modo. “Anna non doveva essere lì,” ripete il padre. E con lui un’intera comunità che chiede verità, giustizia e rispetto.

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