Il processo a carico dei quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del rapimento e dell’omicidio di Giulio Regeni continua a far emergere dettagli strazianti. Nella giornata di oggi, Paola Deffendi, madre del giovane ricercatore friulano, ha preso la parola davanti alla Corte d’Assise di Roma, raccontando con voce rotta dalla sofferenza il momento più doloroso della sua vita: il riconoscimento del corpo del figlio.
“Quando ho visto il corpo di Giulio, era coperto da un telo. Ho chiesto di poter vedere almeno i suoi piedi, ma una suora mi ha fermata dicendomi ‘suo figlio è un martire’. In quel preciso istante ho capito che era stato torturato, e ho visto la brutalità, la bestialità, sulle sue membra”, ha dichiarato la donna, descrivendo con grande dignità il trauma di quel momento.
La testimonianza di Paola Deffendi ha ripercorso anche le ultime parole scambiate con Giulio, prima che la sua vita fosse spezzata dalla violenza. “L’ultima volta che abbiamo parlato con lui è stato il 24 gennaio 2016, tramite Skype. Ci raccontò che il giorno successivo, il 25 gennaio, sarebbe stato una data importante al Cairo. Gli dissi di stare attento e di rimanere a casa. Ci rassicurò dicendoci di aver fatto la spesa per più giorni”, ha ricordato la madre, visibilmente emozionata.
Tuttavia, solo tre giorni dopo, il 27 gennaio, la famiglia ricevette la notizia tragica della sua scomparsa. “Mio marito mi chiamò con una voce che non avevo mai sentito prima”, ha raccontato Paola. “Mi disse che Giulio era scomparso. Quando ho sentito la sua voce attraverso la console, ho chiesto perché non ci avessero avvisato prima. Il dolore e la paura erano insopportabili”.
La madre di Giulio ha infine espresso la sua determinazione nel chiedere giustizia, aggiungendo che, nonostante il tempo passato, non si arrenderà fino a quando non avrà una risposta chiara su chi ha ucciso suo figlio e perché. La sua testimonianza, così come quelle che seguiranno, continuano a gettare luce su una delle pagine più oscure della storia recente.