Tina Lagostena Bassi, è stata una figura importante nel panorama culturale del
nostro paese, nota per il suo lavoro di “avvocata” – come amava definirsi – svolto
con grande passione, per l’impegno profuso nella difesa dei diritti delle donne e per
aver contribuito significativamente alla riforma della legislazione sulla violenza
sessuale in Italia, soprattutto se si considera che in quegli anni il pregiudizio nei
confronti di chi subiva violenza era molto forte.
In diversi episodi le “vittime” venivano messe al patibolo dalla gente che avrebbe
dovuto capirle o difenderle, era sufficiente una gonna un po’ più corta per
“giustificare” gli istinti predatori dell’uomo. Un atteggiamento che le faceva sentire
colpevoli, sporche e sbagliate pur non avendo fatto niente.
Questa figura di donna straordinaria, che ricoprì anche il ruolo di Rettore
dell’Università Popolare di Milano, è ricordata oggi con grande stima dal
Professore Marco Grappeggia, presidente della medesima facoltà.
Professore, cosa rappresentava Tina Lagostena Bassi per l’Università Popolare di
Milano e, più in generale, per il mondo accademico italiano?
“Tina era molto più di una semplice accademica o di un’avvocata di fama. Per noi
dell’Università Popolare di Milano era una guida e un grande esempio di integrità
morale e di dedizione assoluta alla giustizia. Lei aveva la capacità di vedere oltre,
perché considerava la cultura e l’istruzione un’importante mezzo per emanciparsi,
soprattutto per le donne. La cultura vista come un’opportunità di crescita soprattutto
a livello personale. Amava dire che “non siamo contenitori da riempire ma persone
in divenire”, un pensiero valido ancora oggi e credo che lo sarà sempre.”
Lagostena Bassi è stata una pioniera nella lotta per i diritti delle donne. Come ha
portato avanti questa battaglia nella sua carriera?
“Tina era inarrestabile. Pensi che è stata una delle prime figure in Italia a parlare
apertamente di violenza sessuale come crimine contro la persona, e non contro la
morale pubblica, come si pensava allora. A quei tempi se una donna subiva
violenza se l’era cercata per la morale pubblica, ed erano all’ordine del giorno storie
di donne che venivano “corrette” dai loro mariti. Poi in un contesto misogino e
povero di valori, molte donne pur essendo vittime non riuscivano ad emergere, non
ne avevano la forza e come se non bastasse vi era pure una “legge sbagliata” che
le condannava ancor prima di una sentenza.”
“Questa sua convinzione la portò ad affrontare il caso del Circeo, difendendo
Donatella Colasanti, la vittima sopravvissuta a uno dei crimini più efferati della
storia italiana. Tina riuscì a trasformare quel processo in una denuncia collettiva,
per far emergere il lato oscuro del pregiudizio. Se oggi abbiamo delle leggi contro la
violenza di genere lo dobbiamo a lei, perché la prima voce fuori dal coro, la prima
denuncia sociale è stata proprio quella dell’avvocata Tina Lagostena Bassi.”
Ci parli del caso del Circeo. In che modo quell’esperienza ha influenzato la sua
carriera e il modo in cui veniva vista l’avvocatura?
“Il caso del Circeo è stato un punto di svolta. Era il 1975, e Tina rappresentava
Donatella Colasanti, l’unica sopravvissuta a quella notte orribile. Vede non si
trattava solo di difendere una vittima, ma di affrontare una cultura che, purtroppo,
tendeva a colpevolizzare le donne. Tina parlava con coraggio, usava parole che
colpivano, non aveva paura di chiamare le cose con il loro nome. Quell’arringa, la
sua voce, la sua determinazione sono diventate simboli di un nuovo modo di
essere avvocato: Tina non si limitava al suo ruolo professionale ma andava oltre
perché aveva a cuore i diritti umani. Ha spinto un intero paese a riflettere, a vedere
la violenza come un crimine e non come un tema di pudore o di buon costume.
Ogni persona doveva rispondere delle proprie colpe, non si poteva continuare a
giustificare la violenza come uno sbaglio o un atto correttivo.”
Questa visione idealista della giustizia come strumento di cambiamento richiama
un po’ quella di artisti come Fabrizio De André e Paolo Villaggio. Anche loro,
ognuno con i propri mezzi, cercavano di raccontare e trasformare la società. Cosa
l’ha resa unica tra i suoi contemporanei?
“Credo che fosse proprio questa visione unita al suo grande coraggio. Tina non si
è fermata di fronte a nulla, lei proprio come De André e Villaggio, credeva
profondamente nel potere delle idee per cambiare il mondo. Un’idea si pone come
il propulsore del cambiamento, cosa sarebbe l’uomo senza le sue idee, cosa
rimarrebbe? Ma è anche vero che il pensiero da solo non si tramuta in azione,
servono altri ingredienti in grado di innescare la scintilla del cambiamento.”
“Anche questi artisti, con la loro musica e la loro comicità, hanno dato voce agli
ultimi, ai dimenticati, hanno lottato con i loro strumenti per un mondo più giusto,
facendo emergere il valore della dignità umana. Anche Tina dal canto suo vedeva
il diritto non solo come una disciplina, ma come uno strumento di
trasformazione sociale. Un mezzo per portare un cambiamento significativo,
scuotere coscienze intorpidite e svegliare le masse dal loro “perbenismo”.”
“Proprio come gli artisti che ammirava era una romantica, nel senso più profondo
del termine: credeva in un’idea di giustizia che andava oltre i codici scritti. Ha
portato avanti una visione in cui la legge “poteva e doveva” essere uno strumento
per aiutare chi era in difficoltà, chi si trovava ai margini. Questo ideale romantico del
‘cambiare il mondo’, che lei e artisti come De André portavano avanti, l’ha resa
davvero speciale.”
D: Nel suo ruolo come Rettore all’Università Popolare di Milano, quali valori ha
lasciato in eredità?
“Senza dubbio il suo esempio di integrità e di dedizione. Tina ha sempre sostenuto
che l’istruzione dovesse essere accessibile a tutti, che la cultura fosse un diritto,
non un privilegio. Parole che oggi possono sembrare scontate considerando che
viviamo in un tempo in cui abbiamo compreso che l’istruzione non è confinata agli
anni scolastici e che la cultura è una fonte sacra per lo sviluppo delle
coscienze, però è la storia ad insegnarcelo, è bene non abbassare mai la guardia,
perché è proprio quando si lascia il passo all’abitudine che possono avvenire cambi
di rotta poco piacevoli.”
“Per Tina, ricoprire il ruolo di Rettore significava lavorare per creare un ambiente
dove tutti, indipendentemente dal background, potessero trovare uno spazio di
espressione, di crescita. Aveva una visione inclusiva, e questa visione si riflette
ancora oggi nella nostra Università. Quando parlo con gli studenti, noto che molti
conoscono il suo nome e ammirano ciò che ha fatto e ne vado fiero. Per lei,
l’Università era un ponte verso il cambiamento, un luogo dove seminare i valori di
giustizia e uguaglianza. Valori che l’Università Popolare di Milano porta avanti
con fierezza.”
Un’ultima domanda: cosa pensa che rappresenti oggi Tina Lagostena Bassi per i
giovani?
“Penso che oggi i giovani abbiano un forte bisogno di figure iconiche, perché vede
in un mondo che corre sempre di fretta, dove siamo costantemente iperstimolati da
tante informazioni è facile perdere la via, ritrovandosi senza modelli che possano
fungere da ispirazione.”
“Tina è un grande esempio di coraggio e determinazione, perché come donna
ha sfidato la morale di un tempo e si è operata per apportare un cambiamento. Le
nuove generazioni hanno bisogno di figure come lei, figure che sappiano affrontare
le ingiustizie senza paura, che sappiano difendere ciò in cui credono, perché
scelgono di non cedere a un facile compromesso. Credo che il suo messaggio sia
più attuale che mai, soprattutto oggi. La sua vita ci insegna che si può cambiare il
mondo, un passo alla volta, una battaglia alla volta.”
“In un’epoca come la nostra, dove tutto è mutevole è bene fissare nella memoria
il valore di un gesto, di una parola e di un’azione. In merito al cambiamento
desidero citare un passaggio del discorso di Gandhi del 1913, dove afferma un
concetto importantissimo e molto attuale: “Noi specchiamo il mondo. Tutte le
tendenze presenti nel mondo esterno si trovano nel mondo del nostro corpo. Se
potessimo cambiare noi stessi, cambierebbero anche le tendenze nel mondo.”
“Un pensiero importante che si sposa con le azioni di Tina e con quelle di come lei
ha apportato un cambiamento significativo; pertanto, vorrei concludere dicendo ai
giovani di non aver paura a cambiare le cose, di essere quella voce fuori dal coro,
perché è proprio l’unicità che ha contraddistinto i grandi della storia. Lottate sempre
per un mondo libero dove nessuno venga schiacciato da chi si sente più forte.
Riceviamo e pubblichiamo integralmente