A cura di Ionela Polinciuc
In una società che si considera moderna e democratica, la presenza ancora forte del maschilismo lascia spazio a molte domande. Perché, nonostante decenni di progressi in termini di parità di genere, il maschilismo continua a ostacolare il cambiamento sociale? Come può un sistema di valori, fondato sull’idea della supremazia maschile e sulla subordinazione femminile, persistere in un’epoca che si proclama attenta ai diritti e alle pari opportunità? Esaminando il fenomeno del maschilismo sia a livello culturale che politico, diventa evidente come questa mentalità ostacoli il progresso sociale, radicandosi in pratiche e ideologie che sembrano invisibili, ma i cui effetti sono profondamente pervasivi.
Il maschilismo è profondamente radicato nelle nostre vite quotidiane, spesso manifestandosi in forme sottili che possono passare inosservate. Dalle pubblicità che rappresentano le donne in ruoli subordinati, agli stereotipi nei film e nei programmi televisivi, l’idea che le donne sono meno autorevoli o meno capaci di leadership persistono. Questi messaggi si riflettono anche nei comportamenti interpersonali, dove atteggiamenti come l’interruzione delle donne durante le discussioni o l’attribuzione dei loro successi a fattori esterni sono ancora comunità. Anche i cosiddetti “complimenti” a volte rivelano un sottotesto maschilista, sottolineando l’aspetto fisico delle donne piuttosto che i loro meriti intellettuali o professionali.
Questi comportamenti non solo consolidano il maschilismo, ma costruiscono una cultura che lo rende “normale”. Normalizzare il maschilismo significa privarlo della sua connotazione negativa, e con essa della possibilità di essere critico e superato. Per le donne, crescere in una cultura che svaluta la loro capacità intellettuale, le riduce a ruoli decorativi o di supporto e inculca in loro l’idea di essere sempre meno meritevoli di potere, significa interiorizzare limiti artificiali. Ma significa anche che i giovani uomini, vedendo questi stessi modelli, tendono a considerare la supremazia maschile come una norma, perpetuando così il ciclo.
Quando parliamo di maschilismo nella politica, le conseguenze si fanno ancora più gravi. I leader politici sono tra i principali influencer culturali; le loro azioni e parole stabiliscono norme e valori per l’intera società. La presenza predominante di uomini in ruoli di potere, unita a una resistenza tacita o palese all’inclusione di donne e minoranze di genere, rafforza le strutture di potere in cui le donne continuano ad essere marginalizzate.
Basti pensare alla lentezza con cui le donne raggiungono posizioni di leadership politica. Secondo diversi studi, le donne devono superare molteplici ostacoli per ottenere ruoli di rilievo, inclusi pregiudizi di genere, sessismo e la convinzione (ancora presente in molte aree del mondo) che la politica sia “un gioco da uomini”. La conseguenza è una rappresentanza politica ”strana” che si riflette nelle decisioni legislative. Spesso, le questioni legate ai diritti delle donne, alla parità salariale, al congedo parentale, o alla violenza di genere vengono relegate in secondo piano o affrontate in modo superficiale.
Ma non è solo una questione di chi rappresenta chi, è anche il modo in cui vengono percepiti coloro che sfidano lo status quo. Quando le donne raggiungono posizioni di potere, sono spesso oggetto di critiche sproporzionate e sessiste. ( fortunatamente non sempre). E così, per molte, la politica diventa un ambiente ostile, una lotta continua contro stereotipi e attacchi personali, che incoraggiano ulteriori aspiranti leader femminili.
Il maschilismo è un ostacolo al progresso di tutta la società. Le strutture che privilegiano gli uomini non solo sprecano il talento e l’intelligenza delle donne, ma limitano anche la flessibilità e l’innovazione che deriverebbero da un ambiente realmente inclusivo e diversificato. Le nazioni che promuovono la parità di genere hanno economie più solide, minori disuguaglianze sociali e una maggiore qualità della vita. Eppure, in contesti maschilisti, le politiche che incoraggiano queste riforme sono difficili da realizzare.
Inoltre, il maschilismo influisce sulla salute mentale degli uomini, che vengono cresciuti con l’idea che dimostrano debolezza sia un segno di debolezza. Gli uomini sono spesso incoraggiati a sopprimere le emozioni, a cercare costantemente il successo materiale e a mantenere un controllo rigido sulle loro vite e su quelle altruiste. Questo sistema di credenze, oltre a essere ingiusto, è dannoso, perché nega agli uomini l’opportunità di esplorare il loro lato emotivo, alimentando insoddisfazione e, in casi estremi, comportamenti aggressivi.
Il primo passo per affrontare il maschilismo è riconoscerlo, rendendo visibili tutte quelle forme di discriminazione e stereotipi che danneggiano la cultura e la politica. Abbiamo bisogno di un’educazione capillare che insegni a riconoscere e soprattutto a sfidare le norme di genere sin dall’infanzia. Le scuole dovrebbero includere programmi che promuovano la parità di genere e incoraggiano sia i ragazzi che le ragazze ad esplorare senza limiti le proprie potenzialità.
Sul fronte politico, è necessario che i governi e le istituzioni investano seriamente nell’inclusione e nella parità. La presenza di più donne nelle posizioni decisionali non è solo una questione di rappresentanza, ma un motore per una società più equa. Le leggi sulla parità salariale, il sostegno alle famiglie, e le politiche contro la violenza di genere devono essere prioritari, non relegati come temi “femminili”.
Ebbene, ogni individuo ha la responsabilità di sfidare il maschilismo nel proprio ambito di influenza. Gli uomini, in particolare, hanno un ruolo fondamentale da giocare in questo processo, sostenendo attivamente la parità di genere e mostrando con l’esempio che la mascolinità non significa dominanza. Solo così, con un cambiamento di mentalità diffusa, il maschilismo potrà finalmente essere superato, aprendo la strada verso una società più giusta, inclusiva e progredita.
Il maschilismo è un fardello che rallenta l’avanzata verso una società migliore, una mentalità radicata che svilisce non solo le donne ma anche l’intero tessuto sociale. Superarlo non è semplice, ma è una sfida necessaria per poter costruire un mondo dove le differenze non siano gerarchiche ma opportunità di arricchimento reciproco. La politica e la cultura devono allinearsi per portare questo cambiamento, trasformando il maschilismo in un problema riconosciuto e affrontato, e non in un silenzioso ostacolo al progresso di tutti.