A cura di Ionela Polinciuc
Il Partito Democratico ha mostrato una netta spaccatura durante il voto. In dissenso con la linea ufficiale dei Socialisti Europei, Zingaretti ha optato per il “No” all’emendamento, ma il gruppo si è frammentato in diverse posizioni. Due europarlamentari, Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini, hanno votato coerentemente “Sì”, in linea con un voto simile espresso a luglio. Dieci membri della delegazione, inclusi Zingaretti e Lucia Annunziata (che inizialmente si era astenuta per errore, ma ha poi chiarito che avrebbe votato “No”), hanno respinto l’emendamento. Altri sette deputati, tra cui Stefano Bonaccini e Irene Tinagli, non hanno partecipato al voto, un’assenza che ha sollevato dubbi sul loro impegno e coerenza politica.
Zingaretti, capo delegazione del Pd a Strasburgo, ha espresso frustrazione per la scarsa compattezza del gruppo. Solo dieci dei diciannove deputati dem hanno seguito l’indicazione di votare “No”, segno che la sua leadership sta affrontando resistenze interne. La mancata partecipazione di una parte significativa del gruppo ha ulteriormente complicato la situazione, evidenziando come il dissenso interno si stava manifestando non solo con il voto, ma anche con l’assenza.
Lucia Annunziata, tra i dieci votanti “No”, ha inizialmente commesso un errore tecnico astenendosi dal voto, ma ha poi chiarito la sua posizione, dichiarando che avrebbe votato contro. Tuttavia, una parte del partito, soprattutto quella riformista e vicina a Bonaccini, ha scelto di non votare. Questa scelta potrebbe essere dettata dalla volontà di non aggravare ulteriormente la spaccatura interna, ma risulta difficile da giustificare agli elettori, considerando la rilevanza morale e politica del tema.
In un panorama di divisioni, le voci di Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini si sono distinte per la loro coerenza. Entrambi hanno votato “Sì”, in linea con i valori del Partito dei Socialisti e Democratici europei, riaffermando la necessità di sostenere militarmente l’Ucraina anche in un’ottica offensiva verso le basi missilistiche russe. La loro posizione chiara potrebbe delineare un’alternativa alla leadership di Zingaretti all’interno del gruppo dem, soprattutto in un contesto di incertezza.
La spaccatura interna al Pd riflette una tensione più ampia anche tra gli altri gruppi politici europei. Il Movimento 5 Stelle, Sinistra, Verdi e una parte del centrodestra italiano hanno seguito la linea del “No” proposta da Zingaretti. Tuttavia, ci sono notevoli eccezioni, come quella dell’europarlamentare di Forza Italia, Massimiliano Salini, che ha votato “Sì”, dissociandosi dalla posizione del suo partito.
La grande domanda che emerge da questa caotica votazione riguarda il ruolo futuro del Pd nelle decisioni politiche relative all’Ucraina. Il partito sembra perdere coerenza e compattezza, con il rischio di apparire ambiguo agli occhi dell’elettorato. Le manovre interne e le divisioni su un tema così cruciale pongono interrogativi sul futuro della leadership di Schlein e Zingaretti, ma soprattutto sulla capacità del Pd di mantenere una linea chiara in una fase politica internazionale così delicata.
In un momento in cui l’Ucraina affronta sfide esistenziali e il futuro dell’Europa è in gioco, il Partito Democratico sembra lottare con se stesso, in un caos di voti, errori e assenze che rischiano di compromettere la sua immagine.