27 Aprile 2024, sabato
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TATUAGGIO. STORIE DAL MEDITERRANEO la mostra al Mudec di Milano

A cura di Clara Sardella

Da gesto pratico a segno di appartenenza o di distinzione, il tatuaggio racconta una storia di simbiosi tra corpo e disegno, tra uomo e simbolo, lunga cinquemila anni. 

Cos’è il tatuaggio? Perché oggi ci si tatua? Sono scelte personali dettate da istanze profonde o decisioni prese a cuor leggero, perché “oggi lo fanno tutti”? E, soprattutto, quali storie si nascondono dietro un segno, per sempre “nostro”? 

Un tatuaggio può essere un messaggio da mostrare agli occhi del mondo, un ornamento che ci persuade o illude di essere unici e uniche, un voto mantenuto o un giocoso souvenir, un simbolo d’appartenenza o una dichiarazione d’indipendenza, una prova d’amore o l’elaborazione di un lutto. Si tratta di un fenomeno sociale e culturale recente, ma che ci caratterizza significativamente, anche in virtù di una tradizione antica, che pochi conoscono.

Da queste considerazioni di carattere anche sociale oltre che culturale nasce l’interesse del Mudec, che ha voluto approfondire la conoscenza di pratiche, ritualità, forme ed espressioni che si ritrovano in qualsiasi epoca e in ogni angolo della terra – dall’antichità ad oggi – attraverso un progetto espositivo che affronta il tatuaggio dal punto di vista storico, antropologico e culturale, partendo dai luoghi in cui sono state rinvenute le sue prime inconfutabili testimonianze: il bacino del Mediterraneo.

Il Museo delle Culture di Milano presenta dunque al pubblico dal 28 marzo 2024 l’originale mostra “Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo”, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promosso dal Comune di Milano-Cultura, a cura di Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni, con la collaborazione di JurateFrancesca Piacenti.

Il progetto allestitivo valorizza attraverso una sapiente composizione grafica e multimediale una ricca documentazione di oggetti, reperti storici, strumenti, materiali sonori, videoinstallazioni, infografiche, stampe, incisioni, testi e riproduzioni provenienti da svariate istituzioni e raccolte museali. 

Attraverso un racconto storico-culturale, il Mudecripercorre in questa mostra alcune tappe fondamentali della storia del tatuaggio, dalle evidenze preistoriche ad oggi, concentrandosi in particolare sull’area mediterranea, ma esponendo anche materiali extra-europei che facilitano la comparazione di un fenomeno globale.

Con l’esposizione di reperti originali, riproduzioni e proiezioni di fotografie e filmati, la mostra percorre cinquemila anni di storia umana: a partire da Ötzi, il più antico uomo tatuato il cui corpo sia stato finora rinvenuto in stato di mummificazione naturale, fino agli antichi Egizi.

Nel mondo occidentale, nella forma in cui lo conosciamo oggi, il “tatuaggio moderno” nacque quando il capitano James Cook (1728-1779), esploratore, navigatore e cartografo britannico, portò con sé dalla Polinesia il primo uomo dal corpo tatuato, il “principe Omai. Ebbe così inizio la “frenesia per il tatuaggio”, che contagiò non solo tanti sovrani ma anche buona parte dell’alta società europea e americana. Al tempo stesso, i marinai che si erano tatuati e avevano imparato a tatuare nelle isole del Pacifico, tornati in patria, aprivano i primi tattoo shop nei porti d’Europa e sull’altra sponda dell’Atlantico. Attraverso antichi documenti e immagini la mostra racconta la storia avventurosa di questi tre secoli di vita del tatuaggio moderno.

Cronologicamente e geograficamente sono ampi gli approfondimenti su cui la mostra si sofferma, come i sorprendenti tatuaggi “il segno di Caino” che rivelavano l’appartenenza alle corporazioni di mestiere, diffusi tra gli artigiani medievali o gli straordinari reperti provenienti da Loreto, Gerusalemme, il Levante e altri luoghi di culto, che rivelano la profondità delle relazioni tra corporeità e devozione religiosa – non solo cristiana. Sono presenti i “marchi” ambiti dai Crociati e dai viaggiatori in Terra Santa ed esposte centinaia di matrici lignee utilizzate per tatuare i pellegrini (anche donne e bambini) che giungevano al Santuario di Loreto. 

Tra una sezione e l’altra la mostra conduce il visitatore a un ulteriore approfondimento sugli studi che Cesare Lombroso e gli antropologi criminali italiani condussero sui detenuti e i loro tatuaggi, in mostra sono esposti disegni, riproduzioni di fotografie e pelli tatuate provenienti dall’omonimo museo.

Il tatuaggio è stato poi considerato un talismano contro gli spiriti malvagi e ha rivestito anche importanti funzioni apotropaiche, terapeutiche e sociali (con particolare attenzione alle popolazioni nord-africane). Un approfondimento, in tal senso, racconta i tradizionali tatuaggi realizzati per scongiurare il pericolo di rapimento delle ragazze balcaniche di fede cristiana nei territori dell’Impero Ottomano. Con taglio rivolto anche all’attualità geopolitica sono stati poi studiati i tatuaggi delle berbere algerine, delle donne copte e delle rifugiate curde che vivono nei campi profughi di Suruc in Turchia.

Infine, non poteva mancare la presentazione di un tattoo studio old-style, dentro al quale trovano spazio ristampe di manifesti e reclame dell’universo ‘circense’ che, per buona parte della seconda metà dell’Ottocento e sino alla fine della prima guerra mondale, richiamavano le folle ad ammirare da vicino i “corpi tatuati”, corpi considerati tanto misteriosi quanto scandalosi.

“Non si sa esattamente perché il tatuaggio abbia da sempre suscitato tanto fascino sugli esseri umani, né si conoscono le origini e le radici dell’impulso che li attrae verso di esso – spiega la curatrice della mostra e massima esperta italiana di storia del tatuaggio Luisa Gnecchi Ruscone – ma è certo che il gesto di incidere sulla propria pelle un segno indelebile è indissolubilmente legato all’atto primario di fare arte, con qualunque strumento, e probabilmente questo mistero è ancora oggi parte integrante del suo fascino”. Parimenti il cocuratore Guido Guerzoni sottolinea che “per la prima volta sono presentati i sorprendenti materiali italiani, che documentano la persistenza millenaria di una tradizione tricolore che dall’antichità è giunta intatta sino alla metà del Novecento, a dimostrazione del fatto che il tatuaggio non è un’esotica invenzione polinesiana ma una pratica che non è mai scomparsa dal territorio europeo e dal bacino mediterraneo”.

Tutte le informazioni sul sito www.mudec.it/tatuaggio/

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