Prima di tutto, ricordiamo che l’articolo 572 del codice penale punisce con la reclusione da tre a sette anni chiunque maltratta un’altra persona. Ma andiamo a mettere i puntini sulle i.
Il reato di maltrattamenti rientra tra quelli per cui la legge ha previsto il cosiddetto codice rosso, cioè una procedura d’urgenza che consente alla polizia di dare priorità alle indagini rispetto agli altri reati.
Il reato di maltrattamenti si integra anche in assenza di un rapporto di parentela tra le parti. La legge parla chiaro, infatti, il delitto in questione si verifica in ogni caso di convivenza.
Ciò significa che:
- se le parti sono parenti ma non sono conviventi, non potrà integrarsi alcun reato di maltrattamenti;
- se le parti non sono parenti ma convivono, chi ha subito abusi può sporgere denuncia per questo tipo di delitto.
Invece per il codice penale, inoltre, c’è reato di maltrattamenti anche nelle ipotesi in cui la vittima è una persona:
- sottoposta all’autorità del reo. Si pensi alle vessazioni provenienti dal datore di lavoro;
- affidata al colpevole per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, oppure per l’esercizio di una professione o di un’arte. È il caso dei maltrattamenti dell’insegnante nei confronti dell’alunno, dell’infermiere nei riguardi dell’anziano ricoverato in ospizio, del maestro di musica verso i suoi studenti privati.
Attenzione!
Requisito fondamentale perché possa integrarsi il reato di maltrattamenti è che l’abuso, fisico o psicologico, nei confronti della vittima si sia ripetuto nel tempo.