25 Aprile 2024, giovedì
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Turchia: Decreto Erdogan l’abbandono della Convenzione di Istanbul

Non può che  assumere  una valenza molto negativa la notizia proveniente dalla Turchia relativa al ritiro dalla Convenzione di Istanbul. Convenzione che ha rappresentato  un passo importante nella difesa delle donne contro la di  violenza di genere. Il decreto presidenziale di Erdogan del 20 marzo scorso mette fine, dunque, all’attuazione della convenzione di quello che è stato il primo paese firmatario del provvedimento del Consiglio d’Europa. Una decisione che non può essere letta come espressione  di un sostanziale miglioramento della condizione femminile turca dove in realtà i casi di femminicidio continuano ad abbondare contandosene  ben 300 nel solo 2020. Un numero che in realtà appare potenzialmente poco attendibile per l’elevata consistenza numerica dei casi sospetti e soprattutto per la diffusa tendenza a far passare come suicidio molti casi di vero e proprio femminicidio.

I motivi del decreto.

Se appare evidente, quindi, che non ci sono motivi riferibili ad una particolare miglioramento della condizione femminile,  la decisione di Erdogan può essere giustificata solo ed esclusivamente dall’opportunismo politico sul fronte interno. L’idea del premier turco, infatti, è quella di conquistarsi l’appoggio dei gruppi islamici venendo incontro alle loro tendenze più integraliste e conservatrici. Gruppi che fin dall’inizio, dal lontano 2014, hanno osteggiato la convenzione ritenendola elemento di indebolimento della famiglia, d’incremento dei divorzi e di favoreggiamento delle rivendicazioni della comunità LGBT. Dunque una misura adottata in nome di un integralismo  che continua ad avere un certo peso nell’equilibrio politico interno,  in grado di dissimularsi come una scelta a tutela del valore tradizionale della famiglia e della considerazione di  autosufficienza della legislazione nazionale a farsi carico della tutela della condizione femminile.

Una mossa decisamente reazionaria che ha suscitato la violenta reazione delle donne in ognuna delle grandi città della nazione turca. In tempi di pandemia dove gli assembramenti oltre ad essere banditi sono pericolosi,  le donne turche hanno comunque trovato il modo di manifestare il loro dissenso e lo hanno fatto con  una modalità molto originale e particolare. Ogni giorno, alle stessa ora, sui balconi o affacciate alle finestre lasceranno, così,  al frastuono di pentole e coperchi il compito di esprimere la loro contrarietà e il loro dissenso.

Le reazioni dell’Europa e degli USA.

E’ben comprensibile  che una decisione del genere potesse provocare una serie di reazioni anche sul piano internazionale. Del resto gli odiosi reati e le violenze commesse contro le donne, in ogni angolo del mondo, sono vissuti, specie negli ultimi anni,  da tutta la comunità come una problema urgente su cui fare blocco unico. Da questo comune ripudio delle violenze di genere è nato, così, quello sforzo collettivo dell’ordine mondiale a mettere insieme, un sistema condiviso ed efficace di tutela della condizione femminile, rispetto al quale la decisione di Erdogan sembra muoversi in verso decisamente contrario.

Tuttavia e  in merito alle reazioni UE non si è potuto non registrare una certa morbidezza con un troppo tenue  invito al ripensamento,  probabilmente dettato  dalla necessità di non forzare la mano contro un partner che risulta fondamentale sotto il profilo della gestione dei flussi migratori. Quindi una situazione in cui l’azione e la reazione risultano gravemente condizionati da ragioni e contingenze  di opportunità politica pur investendo una questione di fondamentale importanza nel determinare il livello di civiltà del mondo in cui viviamo.

Ma anche una Unione Europea che sul punto, ancora una volta, non ha potuto che mostrare tutta la debolezza dei suoi contrasti interni e della sua scarsa intima coesione. Come rimproverare  Erdogan quando, infatti, rispetto alla medesima convenzione, ad oggi, mancano e forse non arriveranno mai,  le ratifiche della Bulgaria, della Polonia, della Repubblica Ceca, dell’Ungheria, della Lituania, dell’Estonia.

La stessa America di Biden nonostante il rinnovato impegno in materia di diritti civili e pur nutrendo l’aspirazione a farsi carico della loro tutela a livello mondiale se non poteva non esprimere dissenso rispetto all’iniziativa turca lo ha fatto nei limiti di una precisa considerazione dello scacchiere internazionale. Scacchiere internazionale dove la Turchia continua ad avere un ruolo importante, di cui non si poteva non tener conto anche in questa occasione, in ossequio soprattutto della complessità  del rapporto che lega la Turchia ai partner NATO e alle esigenze di un determinato modo di vedere l’ equilibrio politico mondiale.

A cura di Ronald Abbamonte

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